Quotidiano Sanità pubblica il parere del presidente della Consulta di Bioetica Maurizio Mori come primo passo in un dibattito sulle implicazioni della sentenza Dobbs della Corte Suprema USA, che ha disconosciuto la precedente sentenza Roe, la quale garantiva protezione costituzionale al diritto ad abortire.
Con l’avvertenza che “i diritti acquisiti non sono eterni”, Mori riporta quello che secondo lui è il ragionamento della Corte Suprema: la sentenza Roe si basava su due assunti principali
– Nella Costituzione il non-nato non è persona (come noi).
– Poiché il non-nato non è persona e il diritto di privacy previsto dal 14° Emendamento può essere esteso all’ambito riproduttivo, l’aborto è costituzionalmente garantito perché la scelta autonoma della donna ha la precedenza rispetto all’interesse che la società ha per la vita del non-nato (che persona non è).
Secondo Mori la sentenza Dobbs ha ritenuto ancora valida la prima affermazione, ma ha negato la seconda.
Proprio perché la Dobbs ha accolto la prima premessa, questo schema di ragionamento è rimasto intatto e non è mutato. Ciò che la Dobbs ha cambiato è la seconda premessa, dal momento che il testo originario del 14° Emendamento non prevede l’allargamento della privacy all’ambito riproduttivo: per questo la regolazione dell’aborto va lasciata alla giurisdizione di ciascun singolo Stato. In questo senso, il ragionamento della Dobbs può essere così schematizzato:
– Nella Costituzione il non-nato non è persona (come noi).
– Anche se il non-nato non è persona, il diritto di privacy previsto dal 14° Emendamento non può essere esteso all’ambito riproduttivo, per cui il diritto di aborto non è costituzionalmente garantito e tocca ai singoli Stati stabilire se, quando e in che termini, consentire la pratica dell’aborto.
Le conseguenze del ragionamento sarebbero queste:
la Dobbs ci conferma che, almeno per quanto riguarda la Costituzione americana […] il non-nato non è persona. […] Il punto è decisivo perché, pur limitando la Dobbs il diritto di aborto negli Stati Uniti, essa viene a svuotare il principale argomento pro-life addotto contro l’aborto. Se il non-nato non è persona, allora l’aborto non è e non può essere una forma di omicidio (in senso proprio). Comunque si giri o si rigiri l’argomento, le eventuali limitazioni al diritto di aborto (o anche il suo divieto) dipendono non dal fatto che il non-nato avrebbe un presunto intrinseco “diritto alla vita” (che non ha), ma dalla priorità assegnata dallo Stato agli interessi sociali per la vita del non-nato rispetto alla scelta autonoma della donna (qualcosa di simile a ciò che nel codice Rocco era rubricato come “integrità della stirpe”).
Dopo questo, Quotidiano Sanità ha pubblicato altri interventi: uno a firma di Corrado Melega, ginecologo, membro della onlus Consulta di Bioetica, uno a firma di Anna Pompili, ginecologa, associazione Coscioni, e infine uno a firma di Ilenya Goss, commissione bioetica chiese valdesi, metodiste e battiste.
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