Il magazine online Rivista Studio ha pubblicato un articolo dal titolo “Grazie all’AI si è scoperta l’identità dell’assassino nazista ritratto in una famosa foto della Seconda guerra mondiale” nel quale si descrive il lavoro che ha portato lo storico tedesco Jürgen Matthäus a scoprire la verità dietro una famosa, e disturbante, immagine della Seconda guerra mondiale.
L’articolo di Rivista Studio riprende un articolo del Guardian dal titolo “Historian uses AI to help identify Nazi in notorious Holocaust murder image“.
Una delle immagini più sconvolgenti della Seconda guerra mondiale — quella che mostra un soldato nazista mentre punta la pistola contro un uomo ebreo inginocchiato — ha finalmente un nome, un volto e una storia più precisa. Per decenni si è pensato che la foto fosse stata scattata a Vinnitsa, in Ucraina, e che ritraesse “l’ultimo ebreo di Vinnitsa”. Ma grazie a un’indagine meticolosa condotta dallo storico tedesco Jürgen Matthäus, supportata dall’intelligenza artificiale e dal gruppo investigativo Bellingcat, la verità è emersa con maggiore chiarezza.
È una delle foto più celebri della Seconda guerra mondiale, la cui fama è stata a lungo legata ai misteri che la circondavano. Nello scatto si vede un soldato del Terzo Reich che punta la pistola alla tempia di un uomo inginocchiato davanti a lui. Al braccio porta la fascia che il regime imponeva agli ebrei d’indossare in pubblico. Nella foto si vede anche un “pubblico” composto da altri militari nazisti che assistono a questa esecuzione.
Matthäus ha scoperto che la foto fu in realtà scattata a Berdychiv, un’altra città ucraina, il 28 luglio 1941, durante una delle prime stragi compiute dalle Einsatzgruppe, le unità mobili di sterminio naziste. L’elemento decisivo per identificare il luogo è stato un edificio visibile sullo sfondo, riconosciuto grazie a fotografie d’epoca e a un confronto con immagini moderne.
Alla scoperta del luogo in cui è stata scattata la foto si è arrivati grazie al riconoscimento di tre elementi architettonici che si intravedono sullo sfondo, oltre che a un lavoro di archivio durato decenni e portato avanti anche con l’ausilio del famoso gruppo di open source journalism Bellingcat
Ma la vera svolta è arrivata quando un parente lontano ha riconosciuto il soldato nella foto: si trattava di Jakobus Onnen, zio della moglie. L’uomo aveva prestato servizio nelle forze tedesche e la famiglia possedeva alcune sue foto, che sono state confrontate con l’immagine incriminata grazie a un software di riconoscimento facciale. L’intelligenza artificiale ha confermato la corrispondenza.
Purtroppo, molte lettere e documenti di Onnen sono andati distrutti negli anni ’90, ma le poche immagini rimaste sono bastate per chiudere il cerchio. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su una rivista accademica tedesca, confermando l’importanza di un approccio multidisciplinare che unisce storia, tecnologia e testimonianze familiari.
Ora Matthäus spera di riuscire a identificare anche la vittima, uno dei tanti ebrei uccisi nei territori dell’ex Unione Sovietica, dove oltre un milione di persone furono massacrate in esecuzioni di massa. Dare un nome a queste vittime, restituire loro un’identità, è un passo fondamentale per la memoria collettiva.
Questa storia dimostra come l’intelligenza artificiale, se usata con rigore e sensibilità, possa diventare uno strumento potente per riscrivere la storia e restituire dignità a chi l’ha perduta.


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