A cura di @Lowresolution.
Pietro Ichino su La Voce spiega la sentenza di Torino sui fattorini di Foodora, analizza simili contenziosi sui “platform workers” a livello internazionale e propone una soluzione guardando al caso di Deliveroo in Belgio. Soluzione che però richiede una nuova legge.
La sentenza del Tribunale di Torino, non costituisce una novità sul piano giurisprudenziale. Una questione molto simile era stata affrontata dai giudici del lavoro italiani negli anni ’80, in riferimento ai motofattorini collegati via radio con la centrale operativa, i pony express. Allora, dopo una prima sentenza di merito che li qualificava come subordinati, prevalse l’orientamento opposto sulla base del fatto che il contratto lascia liberi questi lavoratori di decidere volta per volta se rispondere o no alla chiamata. Questo – dissero i giudici del lavoro 30 anni fa e dice oggi il giudice torinese – è incompatibile con il carattere continuativo della prestazione e il suo assoggettamento all’obbligo di obbedienza verso il creditore, che costituiscono elementi essenziali del contratto di lavoro subordinato.
L’esigenza di una protezione almeno essenziale di questi lavoratori è rimasta così senza risposta. l problema, ovviamente, si è posto anche nel resto del mondo.
Nei Paesi dell’Europa continentale si osserva il nascere delle umbrella companies, che offrono ai platform workers, come ad altri che si collocano a pieno titolo nell’area del lavoro autonomo ma senza un regime assicurativo di categoria, il servizio di riscossione dei compensi e la possibilità di attivare una propria posizione previdenziale, attraverso la simulazione di un rapporto di lavoro alle proprie dipendenze. In Belgio una di queste, la Smart, ha negoziato un accordo con Deliveroo, che prevede per i fattorini ciclisti un compenso minimo garantito indipendente dal numero delle consegne compiute, un contributo per l’uso ed eventuale riparazione della bicicletta e dello smartphone, tutti versati da Deliveroo alla stessa Smart, che li utilizza per il pagamento di retribuzione e contributi per lo più nell’ambito di un contratto di lavoro intermittente. Questo oggi in Italia non sarebbe consentito, stanti gli spazi strettissimi entro i quali questa forma di contratto è utilizzabile; l’anno scorso è stato presentato in Senato un disegno di legge mirato a favorire, invece, lo sviluppo di iniziative come questa, anche con la previsione che, dove il lavoratore non possa o non intenda avvalersene, i suoi compensi siano versati mediante la piattaforma Inps istituita per il lavoro occasionale, quindi con garanzia di una retribuzione minima, dell’assicurazione pensionistica e di quella antinfortunistica.
Immagine da Flickr.
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