L’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale parla di come un’ulteriore escalation del conflitto nel Nagorno-Karabakh potrebbe arrivare a coinvolgere due tra le principali infrastrutture che “corrono” non molto lontano dalla zona interessata dagli scontri: il Corridoio Meridionale del Gas, di cui il TAP è solo la parte finale, e l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, mettendo così anche a rischio la sicurezza energetica europea.
Il (ciclico) riacutizzarsi delle tensioni tra Armenia e Azerbaijan per il controllo della sovranità sulla repubblica de facto del Nagorno-Karabakh, a maggioranza armena ma legalmente parte dell’Azerbaijan, sembra per il momento mettere in secondo piano le questioni connesse alla sicurezza energetica. La stessa compagnia energetica azera, la SOCAR, ha recentemente confermato che le infrastrutture nazionali che trasportano gas e petrolio stanno operando normalmente, anche grazie alle misure difensive adottate dalle forze armate dell’Azerbaijan. A ciò si aggiunga che, per il momento, gli scontri armati si stanno svolgendo in una zona non particolarmente vicina alle infrastrutture energetiche che attraversano il territorio azero. Non è però da escludere, a breve, una possibile escalation del conflitto: una guerra su larga scala, con il coinvolgimento di Russia e Turchia, che supportano rispettivamente Yerevan e Baku, potrebbe avere conseguenze sulla sicurezza delle infrastrutture energetiche dell’area, attraversata in particolare dal Corridoio Meridionale del Gas e dall’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan. Un’ipotesi, quest’ultima, che non può essere esclusa, soprattutto alla luce delle esercitazioni armene di qualche anno fa (e successive agli scontri del 2016) che hanno simulato un vero e proprio attacco alle infrastrutture energetiche azere anche se, negli oltre trent’anni di conflitto, l’Armenia non si è mai spinta a tanto.
Immagine da Wikimedia Commons
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