Su suggerimento di @Clunk, da Rivista Studio, 27 aprile 2015.
Il 30 aprile 1975 le truppe nordvietnamite entravano a Saigon.
A 40 anni dalla fine della guerra, un bell’articolo di Massimo Morello sul Vietnam, dove gli Stati Uniti hanno perso ma il capitalismo ha vinto, il comunismo fa parte della tradizione locale al pari dello Zen e il rinnovamento non passa per la liberalizzazione politica.
Chiunque sia il presidente americano, dovrà fare i conti con un’arte tradizionale vietnamita: lo Zen del Giocoliere. L’espressione, coniata da M.K. Bhadrakumar, esperto di geopolitica asiatica, si riferisce sia alla filosofia buddhista diffusa in Vietnam sia alla capacità di trovare un equilibrio tra forze contrapposte (uno dei fini dello Zen). E’ un’arte o una filosofia che il Vietnam ha elaborato nel corso di millenni e messo in pratica anche durante la guerra, quando è riuscito a mantenere buone relazioni sia con la Russia (allora URSS) e con la Cina, mentre le due grandi potenze comuniste si fronteggiavano sul confine dell’Ussuri. Oggi il gioco è più complesso: il Vietnam deve mantenere l’equilibrio tra Stati Uniti, Cina e Russia. […] La sintesi migliore è quella di Chu Nam, un vecchio che si vanta di essere conosciuto in tutto il Delta per il suo pho, la zuppa di vermicelli di riso. «Ho venduto il pho ai francesi. Poi ai giapponesi. E poi agli americani» dice. «Adesso lo vendo a chiunque lo vuole».
Immagine da Flickr
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