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La Cina degli spiriti

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Minima & Memoralia riporta un articolo de Il Manifesto nel quale si parla del rapporto complicato tra il partito comunista cinese e le credenze popolari, declinate in mille modi diversi negli ultimi anni

Nel momento in cui Deng Xiaoping dichiarava di voler cercare la verità attraverso i fatti e lanciava le quattro modernizzazioni, la Cina cambiava, rapidamente. L’arrivo della televisione, fin dalla fine degli anni 70 – con la sua diffusione massiccia negli anni ’80 – creò un vero e proprio bombardamento mediatico, specie se confrontato con la comunicazione unidirezionale e solo propagandistica del periodo maoista.

Contemporaneamente, in questo clima di apertura e di straordinaria vitalità, nascevano riviste, magazine e giornali, nonché canali televisivi locali, miriadi di stazioni radio e si sviluppava una sorta di cultura pubblicitaria, pur senza alcuna regolamentazione. Insieme a questo processo scientifico la popolazione, in piena demaozzazione della società e in attesa di capire cosa sarebbe stato «il socialismo di mercato», finì per tornare alla tradizione.

Le credenze, le superstizioni, i fantasmi, gli spiriti maligni di cui è pregna da sempre la cultura cinese tornarono in auge, con il beneplacito del partito comunista che all’inizio non vide niente di male nel ritorno a credenze popolari capaci, o almeno si supponeva così, di ricreare uno spirito identitario in un periodo di grandi cambiamenti.

 

Immagine da Pxhere

 


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