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La “democrazia” mondiale guidata da Zuckerberg [EN, IT]

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A cura di @Festina lente

Nel suo recente manifesto “Building Global Community” Mark Zuckerberg sostiene che Facebook sia diventato uno strumento in grado di influenzare il risultato di importanti campagne elettorali come negli Stati Uniti. Per gestire questo potere propone un sistema di “referendum” regionali sui contenuti ammessi su Facebook, il tutto gestito da algoritmi in base a maggioranze virtuali.

Il manifesto ha suscitato reazioni contrastanti. Sul suo blog su Bloomberg News Leonid Bershidsky fa un’impietosa analisi parlando apertamente di distopia. Su Ars Technica Annalee Newitz, fra l’altro, mette in guardia dal pericolo del gerrymandering di internet. Charlie Wood sul Christian Science Monitor descrive uno Zuckerberg megalomane, che potrebbe candidarsi alle elezioni presidenziali del 2020, e che forse ora punta persino più in alto. Will Oremus su Slate dà un’interpretazione meno dura. Secondo l’autore, Zuckerberg sta genuinamente cercando di porre rimedio ad alcuni dei problemi visti ad esempio durante le elezioni americane, come la proliferazione di false notizie, e già il fatto che si riconosca che esista un problema è di per sé positivo, ma il manifesto resta un fallimento. Una visione diametralmente opposta invece è data dai media italiani (Antonello Guerrera su La Repubblica; l‘Huffington Post in un editoriale non firmato; Paolo Mastrolilli su La Stampa) secondo cui si tratterebbe di un manifesto contro Trump ed il populismo e per la globalizzazione.


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