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La lotta alla povertà in Cina

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Il Tascabile propone un longform a firma di Alessandra Colarizi nel quale si analizza se e come Xi Jinping stia mantenendo fede all’impegno di liberare il Paese che governa dalla povertà, anche nelle aree più rurali e remote, obiettivo che si era prefissato per il 2021, centenario del Partito Comunista Cinese.

Qualcuno forse ricorderà Atule’er, il villaggio sperduto tra i monti della Cina meridionale. Nel 2016 ottenne fama internazionale quando in rete circolarono le immagini della scaletta pericolante che gli studenti del villaggio erano costretti a risalire, zaino in spalla, per raggiungere l’unica scuola a oltre due ore di cammino. Appesi a una parete rocciosa come lucertole, sotto di loro il vuoto. La storia commovente di Atule’er fece velocemente il giro del mondo. Quel villaggio con le case di paglia e fango era il ritratto di una Cina remota e arcaica, lontana dagli skyline sfavillanti di Pechino e Shanghai. Era il ritratto della povertà.

Ma oggi ad Atule’er non ci sono più scalette impervie da salire, estenuanti camminate da fare. Il villaggio è diventato un’attrazione per turisti, con hotel, acqua calda e wifi. I residenti sono stati trasferiti 70 chilometri più in là in un centro nuovo con appartamenti nuovi sussidiati dallo Stato. Pronti per cominciare una nuova vita. “La vittoria contro la povertà di un villaggio di montagna dà speranza agli altri luoghi impoveriti”, titolava a maggio il Beijing Review. Da allora sono successe diverse cose.

 

Immagine da PxHere


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