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La matematica daccapo

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Il Tascabile pubblica un estratto dell’ultimo libro di Pietro Minto intitolato La seconda prova. Imparare la matematica, vent’anni dopo (Einaudi, 2024).

Il segreto del successo dell’Homo sapiens sapiens non è qualcosa di cui vantarsi troppo. Non mi riferisco all’inquinamento, all’allevamento intensivo di animali o ai genocidi ma a qualcosa di ancora più antico e nascosto, come la caccia. Così piccolo, spelacchiato e gracile, l’ominide non è nato per cacciare usando artigli e fauci. Le sue armi segrete erano la resistenza e l’intelligenza. Cacciava in piccoli gruppi, inseguendo prede più grandi di sé per ore, giorni. Sotto al sole e alla pioggia. Noncurante dell’afa, poteva bruciarsi le spalle per inseguire un mammifero fino a stremarlo. A quel punto, nel modo più sadico e vigliacco possibile, l’ominide attaccava la preda con un bastone appuntito o una freccia rudimentale. Uccideva, squartava, abbrustoliva, ingeriva. Il grande successo umano parte da storie simili, da quel tipo di caccia ossessiva, vigliacca e brutale.

Ma…

Non è chiaro come quel mammifero si sia ritrovato a pensare all’infinito. Ed è difficile comprendere quale linea invisibile unisca i primi insediamenti, le prime civiltà, le prime guerre, a un’idea così sovversiva: in un mondo in cui tutto ha fine – e la fine è il fine stesso di tutto – noi abbiamo immaginato l’eccezione. L’infinito.


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