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La morte di un bracciante chiama in causa Cirio e Mutti

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Su Internazionale, un reportage a cura di Stefano Liberti e Fabio Ciconte sul duro lavoro dei braccianti, spesso stranieri, nelle campagne del Sud Italia. In particolare in quelle del Salento, dove caporalato, retribuzione a cottimo e sfruttamento sembra non costituiscano affatto un’avvilente eccezione:

Era il suo primo giorno di lavoro. Arrivato in Salento da nemmeno un giorno, dopo un lungo viaggio in autobus dalla Sicilia, Abdullah Muhamed aveva cominciato alle dieci del mattino: nessuna visita medica, nessun contratto, solo un accordo verbale con un altro sudanese, Mohamed Elsalih detto Sale, che lo aveva reclutato per raccogliere pomodorini su quel campo di Nardò. La paga era stabilita a cottimo: sette euro per ogni cassone da tre quintali che sarebbe riuscito a riempire. L’uomo si era chinato sul terreno e non aveva mai smesso, nonostante il caldo sempre più aggressivo e l’umidità così densa da togliere il fiato. Si era fermato un solo momento verso mezzogiorno, quando la moglie Marie lo aveva chiamato al telefono. “Tutto bene, ci sentiamo quando finisco”, le aveva detto con tono rassicurante. Poche ore dopo si è accasciato a terra. Abdullah Muhamed è morto il 20 luglio 2015, in una delle estati più torride degli ultimi anni.

 

Immagine da pixabay.


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