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La politica dell’avocado

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La difesa dell’ambiente si accompagna sempre a politiche egalitarie su altri fronti? Nils Gilman su the Breakthrough Institute racconta come non sempre i “verdi” sposino idee progressiste.

Spesso si ipotizza che la difesa dell’ambiente sia per forza accompagnata al perseguimento della giustizia sociale; secondo molti politici che la promuovono (da Ocasio-Cortez ai partiti verdi europei), queste cause vanno di pari passo. D’altra parte è noto come il negazionismo del riscaldamento globale, o delle sue cause antropiche, sia stato spesso portato avanti da persone o istituzioni “di destra”. Gilman, con delle metafore a base di frutta, spiega come non sempre sia così.

Gli ecologisti di sinistra vengono spessi definiti «angurie»: verdi fuori, rossi dentro. Esistono però anche gli «avocado»: verdi fuori e con un nucleo bruno; e il loro pensiero non manca di coerenza interna. L’autore ricorda come, storicamente, molte istanze ecologiste siano state portate avanti da conservatori, o addirittura razzisti: la difesa della natura era accompagnata a quella di un supposto, e altrettanto «naturale» ordine sociale e razziale. Più di recente, le previsioni catastrofiste degli anni 70 su un futuro collasso ambientale si sono accompagnate ad atteggiamenti simili. Garrett Hardin (l’ecologista che coniò l’espressione «tragedia dei beni comuni») scrisse che in futuro si sarebbe ricorso a una «etica delle scialuppe di salvataggio», per effettuare un «triage sociale».

“Metaphorically, each rich nation amounts to a lifeboat full of comparatively rich people. The poor of the world are in other, much more crowded lifeboats.… What should the passengers on a rich lifeboat do? This is the central problem.”

Più di recente, istanze del genere sono state accolte da alcune frange dell’estrema destra, che le hanno usate per opporsi all’immigrazione, e mantenere un Occidente ecologicamente integro, poco popolato e ovviamente etnicamente omogeneo. Patrick Crusius, che commise una strage in Texas nel 2019, giustificò le proprie azioni proprio sulla base di questa logica. Tematiche ecologiste erano presenti anche nel manifesto dell’attentatore di Christchurch, nella sua rivendicazione parlava di «urbanizzazione e industrializzazione dilaganti, città in continua espansione e foreste che si restringono, un completo sradicamento dell’uomo dalla natura», richiedendo «un’autonomia etnica per tutti i popoli, con particolare attenzione alla preservazione della natura e dell’ordine naturale», proclamando che «il nazionalismo verde è l’unico vero nazionalismo» e autodefinendosi «un ecofascista etno-nazionalista». Questi ed altri episodi sono stati trattati in un articolo su Valigia Blu dedicato alla crescita dell’ecofascismo.

Ciò non significa che l’ecologismo sia inevitabilmente destinato ad assumere queste forme, ovviamente. Tuttavia, come evidenzia Gilman, è importante tenere conto che, quando si convince il pubblico della realtà e dell’urgenza del cambiamento climatico, non è scontato che il risultato siano politiche più inclusive. In particolare, l’allarmismo potrebbe alimentare esattamente questo tipo di pensieri estremi:

Just as talk about the limits to growth and a population bomb in the 1970s inspired forced sterilization and other policies of enormous cruelty, rhetoric to the effect that “We only have 11 years!” (or whatever number) in order to avoid catastrophic social and economic collapse is just as likely to end in calls for practicing “lifeboat ethics” as commitments to an inclusive common future. In response to these sorts of apocalyptic warnings, repression of the hopes and ambitions of brown people is probably at least as plausible a response as degrowth or a Green New Deal.

The fundamental challenge is how to maintain a sense of focused urgency in the face of climate change, one that is capable of spurring individual and collective action, without resorting to the rhetoric of environmental apocalypse. As we have seen, such rhetoric can just as easily be (and, in fact, often has been) used to justify and promote deeply illiberal or worse solutions to environmental issues. As the reality of climate change becomes increasingly undeniable, the political battle isn’t going to go away, but the nature and stakes of the combat operations are going to transform and grow. We are going to need to dramatically improve our arguments in favor of humane climate policies if we are to have any hope of building a more inclusive world.

Immagine: Roel Wijnants, Hakenkruisboom.


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