1979 Revolution: rileggere la storia con i videogiochi
Giugno è stato un mese caldo, non solo per le temperature. Dalla California all’Iran il mondo continua a ribollire e a lasciarci disorientati. Marcello D’Arco, dalle pagine di Ludica, prova a chiedersi se il videogioco possa rappresentare, in periodo come questo, non solo uno strumento per alleviare le agonie del presente, ma anche uno strumento per capirlo e affrontarlo .
… “Che senso ha creare, giocare, criticare o raccontare videogiochi quando sembra che il mondo stia bruciando?”. Un senso c’è e non è solo quello di dare sollievo o conforto (attività sempre necessarie e benemerite, ben intenso). Chi vuole bene al videogioco deve considerare questo come un momento impossibile da non sfruttare: per quanto spesse siano le mura delle bolle nelle quali viviamo, ormai ogni giorno la realtà sfonda la porta dei nostri recinti dorati immaginari, ed è quindi adesso che bisogna indicare come il videogioco può aiutarci ad affrontarla, a capirla. Altrimenti sarebbe meglio rassegnarsi all’irrilevanza di questo strumento…
L’articolo, partendo dall’analisi del titolo 1979 Revolution: Black Friday, avventura narrativa ambientata durante la rivoluzione iraniana, prova a estrapolare alcuni spunti su quali possano essere questi strumenti e soprattutto su quale ruolo specifico possa avere il videogioco rispetto a altri media.
I videogiochi non sono il miglior strumento per trasmettere un contenuto di conoscenza con pretese di oggettività. Un saggio o una classica narrazione lineare funzionano decisamente meglio, semplicemente perché permettono più facilmente di mantenere la struttura del discorso integra, secondo quanto deciso dall’autore. I videogiochi permettono di fare un’operazione diversa con ottimi risultati: non mostrare solo “cosa è successo”, ma “come funziona” un momento storico; come, in questo caso, la rivoluzione iraniana agisca in relazione a un soggetto che ovviamente non è un semplice osservatore, ma è chiamato a fare delle scelte e a dare delle interpretazioni.
Purtroppo è ancora sedimentata nella considerazione generale che la forza del videogioco risieda principalmente nella sua componente audio-visuale. Questo è sì una dimensione fondamentale, ma come innesco dell’esperienza videoludica, non come suo elemento caratterizzante . Il videogioco può quindi trovare una sua strada, senza doversi per forza reinventare, ma utilizzando in maniera più consapevole elementi che da sempre fanno parte della sua cassetta degli attrezzi, come la “Narrativa ramificata” o la “narrativa ambientale”, e che meglio di altri media potrebbe esprimere.
Non si tratta quindi di ricostruire un momento storico, di proporre un contenuto scientificamente elaborato, ma di fabbricare un’esperienza, una finzione, una simulazione, per mostrare come funzionano, secondo l’autore, le dinamiche all’opera in quel momento. Per questo, a differenza di un storia lineare classica, avremo personaggi e situazioni che continuamente ci chiedono conto del nostro orientamento, delle nostre scelte (sei per la lotta armata o per la non violenza? Vuoi tirare un sanpietrino o scappi? Porti una pistola alla manifestazione o ti accontenti della macchina fotografica?), in maniera spesso innaturale o poco verosimile per i canoni della sceneggiatura classica. Tuttavia è importante che ciò avvenga perché questa ricorsività, questa ripetitività, serve a costruire il rapporto di familiarità tra noi “persona” e gli eventi, per tramite del nostro povero avatar digitale.
Per “narrazione ambientale” si intende presentare gli elementi del racconto non solo come elementi dei dialoghi o situazionali, ma come elementi disseminati nell’ambiente, come documenti e indizi silenti che andranno trovati e “attivati”, durante alcune sessioni di gioco esplorative. Interessante l’idea di unire queste sessioni al racconto delle manifestazioni di piazza durante le quali dovremo cercare di testimoniare gli eventi andando in giro e scattando foto. Il gioco propone così una miriade di fotografie, volantini, pamphlet, locandine, murales che andranno piano piano ad arricchire il nostro classico diario di raccolta documenti… “
Alla fine si tratta, quindi, non di crea una “storia alternativa” ma una “storiografia alternativa” , che ci aiuti a rafforzare la nostra capacità di leggere il presente in maniera un po’ più complessa.
..Gli eventi non sono mai “narrazioni lineari”, catene casuali di accadimenti legate da un unico filo rosso, ma sono intersezioni di diverse linee di tensione. In modo analogo, anche il panorama che abbiamo davanti non è una tela omogenea ma un mosaico in cui ogni punto è un indizio, una porta verso direzioni plurime. Il videogioco ci permette di riunire tutte queste sfaccettature in una visione unica, come un prisma di cui possiamo vedere contemporaneamente più facce. Ma queste facce non sono semplicemente giustapposte. Questo prisma, quando manipolato, può mostrarci come le dinamiche siano connesse da rapporti di interdipendenza funzionali. Nella scelta di quali rapporti e dinamiche presentare, l’elemento autoriale viene salvaguardato, persino in un oggetto che si modifica in base all’azione dell’utente…


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