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La sinistra ovvero l’essere di destra a propria insaputa

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A cura di @NedCuttle21(Ulm).

Su Internazionale, Alessandro Calvi riflette sullo stato di salute del centro-sinistra ripercorrendo la storia dietro quegli slittamenti culturali che l’hanno nel tempo reso sempre più simile, sostiene, alla destra.

Il terreno d’elezione di questa mimesi, di questo slittamento del centrosinistra nel perimetro ideale del centrodestra, è stato in prima battuta quello del lavoro e dello stato sociale. Sono stati adottati provvedimenti schiettamente non di sinistra anche quando al governo stava il centrosinistra. Si è avviata una delegittimazione delle organizzazioni sindacali, le quali poi ci hanno messo del loro nell’escludersi dalla società riducendosi sempre più alla difesa d’ufficio di alcune categorie, lasciando sostanzialmente sguarnito il fronte maggiormente significativo di una società che stava rapidamente cambiando: quello dei giovani e dell’entrata nel mondo del lavoro.

Ma anche in questo caso, al di là delle circostanze offerte dalla cronaca, è una questione culturale quella che decide la partita, con l’affermarsi dell’orizzonte ideale liberale come unico praticabile, come se al di là di quel perimetro nulla ci potesse essere. “Negli anni ottanta al capitalismo c’erano ancora delle alternative, almeno a parole”, scriveva Mark Fisher nel suo saggio Realismo capitalista. “Quello che invece stiamo affrontando adesso è un più profondo e pervasivo senso di esaurimento, di sterilità culturale e politica”. È proprio allora che a sinistra si cominciò a perdere la partita culturale. “Gli anni ottanta – sono ancora parole di Fisher – furono il periodo in cui per il realismo capitalista si lottò fino a riuscire a imporlo; anni in cui la dottrina tatcheriana del ‘there is no alternative’ si trasformò in una spietata profezia che si autoavvera”. Così, “in Europa e negli Stati Uniti, per la maggior parte delle persone sotto i vent’anni l’assenza di alternative al capitalismo non è nemmeno più un problema: il capitalismo semplicemente occupa tutto l’orizzonte del pensabile”. E ciò, ormai, è un fatto talmente accettato da non meritare più alcuna discussione.

Immagine da Wikimedia.


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