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La vittoria di Trump: alcuni commenti a temperatura ambiente

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A cura di @Grande Capo Estiquaatsi.

Noise from Amerika ci propone un interessante articolo sui possibili significati della vittoria di Trump, dando qualche spunto di riflessione sui suoi possibili significati su larga scala.

Ancora una volta ci si chiede come mai la spinta populista ha trovato terreno fertile:

Da un lato abbiamo una visione “ottimista” che vede la vittoria di Trump (e prima la Brexit) come un episodio molto sgradevole ma determinato da circostanze specifiche – in particolare la scelta di una candidata democratica secchiona, antipatica, ostaggio dell’alta finanza, donna (purtroppo può aver contato) etc. La Clinton ha vinto il voto popolare e sarebbero bastate poche migliaia di voti in più in alcuni stati chiave per farla diventare presidentessa. In questa narrazione, Trump avrebbe perso se solo i democratici avessero scelto un candidato migliore. Non ho ancora capito se ne avrebbero avuti, che per complesse alchimie politiche abbiano deciso di non presentarsi (lasciando solo Sanders, che non aveva nulla da perdere), o se invece la Clinton non avesse veramente alternative credibili.

La tesi “pessimista” alternativa è, ovviamente, che l’elezione di Trump sia parte di un trend nazional-populista anti-globalizzazione che sta affermandosi in tutto l’Occidente. Unisce spinte protezionistiche vecchio stile, avversione cultural-razzista verso l’immigrazione e la società multiculturale, paura del futuro e nostalgia del passato, ostilità verso l’establishment accusato della crisis finanziaria etc. Il mix esatto differisce da un paese all’altro e da un elettore all’altro e conoscerlo sarebbe utile per capire cosa fare. Ma per questo, come detto, ci sono i politologi, sperando che ci riescano.

Particolarmente interessante il riferimento al Grafo di Milanovic: i numeri, su scala globale, aiutano a fare un po’ di chiarezza:

Dal 1988 al 2011 il reddito è raddoppiato o più che raddoppiato nelle fasce mediane (con reddito dal 45% al 65% della media mondiale), è aumentato del 40% per i ricchi (top 5%) ma solo del 10-15% per la fascia 80-95%  (nota tecnica: la composizione dei ventili per paesi/individui non è costante e le variazioni di un singolo gruppo possono essere  molto più ampie).  Semplificando molto, si potrebbe dire che il top 5% comprende quasi tutta l’élite globalizzata dei paesi occidentali (più i ricchi degli altri continenti) e  la fascia 80-95% il resto della popolazione dei paesi occidentali. Una parte di essa ha subito un calo del reddito, pero’ il grafico suggerisce che la massa abbia avuto benefici modesti, ma positivi, dalla globalizzazione. Evidentemente, non è questa la percezione prevalente. Molti pensano che il loro reddito assoluto sia calato, moltissimi si sentono insicuri del futuro e quasi tutti ritengono profondamente ingiusto l’aumento del divario fra se stessi ed il 5% più ricco. Quasi nessuno sembra rendersi conto che non si possono avere i benefici della globalizzazione (iPhone, internet etc.) senza i relativi sacrifici (p.es. la concorrenza asiatica).

 

Immagine in Pubblico dominio da Pixabay


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