Un editoriale del Wall Street Journal (dietro paywall ma liberamente accessibile qui) afferma che l’impunità di cui di fatto godono gli agenti americani sarebbe in ultima analisi riconducibile all’eccessivo potere dei sindacati di polizia.
Ad esempio a Minneapolis l’accordo sindacale con il dipartimento tiene di fatto indenni gli agenti da ogni responsabilità per le loro azioni: casi critici vengono gestiti internamente da un apposito ufficio, che però negli ultimi 8 anni su ben 2’600 querele ha preso misure disciplinari in soli 12 casi (la più grave delle quali sarebbe una sospensione dal lavoro per 40 ore).
Il solo Derek Chauvin (il poliziotto accusato per la morte di George Floyd) nel corso dei suoi anni di servizio nel corpo aveva collezionato ben 17 denunce per cattiva condotta, senza però che la sua carriera ne risentisse in alcun modo (l’unica conseguenza era stata in un caso una lettera di richiamo).
Inoltre in alcune città il contratto collettivo delle forze di polizia pretende addirittura che ogni informazione attinente alla sfera disciplinare venga distrutta dopo appena due anni.
In molte giurisdizioni i procedimenti disciplinari vengono decisi mediante arbitrato, ma spesso le città lasciano che siano i sindacati di polizia a scegliere l’arbitro.
Le violenze della polizia sono colpa dei sindacati?
11 Giu 2020 • 0 commenti
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