A cura di @werner58.
Ormai da decenni, alcuni fra i meno giovani si divertono a denigrare la sempre maggiore, a detta loro, ripetitività della musica più in voga. I giovani, dal canto loro, spesso danno per scontato che queste stesse lamentele si ripetano immutate dai tempi dell’antico Egitto, e che ciò le destituisca di ogni fondamento.
Ma se volessimo andare fino in fondo, e scoprire i veri numeri pro o contro l’ironia dei matusa? Il problema di una definizione rigorosa di “ripetitività”, del resto, è già stato numerose volte affrontato dagli autori dei programmi di compressione dati: armato di un archivio sufficientemente ampio e di molto javascript, Colin Morris di pudding.cool ha prodotto una colorata serie di grafici riguardo l’andamento dell’entropia del testo di una canzone da top 100 in USA.
Per gli impazienti faremo uno SPOILER: per questa volta, almeno nell’epoca in cui sono esistite classifiche Billboard e dischi d’oro, i vecchi sembrerebbero aver ragione.
Immagine by Jacob Appelbaum (I’m actually Knuth’s homeboy) [CC BY-SA 2.0], via Wikimedia Commons
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