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L’età della pietra fu un’età dell’oro?

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Su Il Tascabile un lungo articolo di Laura Antonelli Carli, partendo dal saggio dell’antropologo Marshall Sahlins “L’economia dell’età della pietra”, prova a fare un confronto tra la vita di un operaio dei giorni nostri e un cacciatore raccoglitore di 30000 anni fa.

Riflettere sulla qualità della vita dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori può aiutarci a mettere meglio a fuoco necessità, bisogni e tempo libero dell’uomo contemporaneo?

Può sembrare un’operazione arbitraria, ma proviamo per un attimo a confrontare due vite ipotetiche, separate da 30.000 anni. Pensiamo all’operaia di una fabbrica cinese dei giorni nostri. Alle 7 del mattino esce di casa, prende mezzi pubblici sovraffollati e percorre strade inquinate per arrivare alla sua azienda. Lavora a una macchina per 10 ore, facendo sempre la stessa cosa. Verso le 7 di sera ritorna a casa: cucina, lava i piatti e fa il bucato. Il giorno dopo l’attende una giornata identica alla precedente.

Immaginiamo ora, in quello stesso territorio, una cacciatrice-raccoglitrice di 30.000 anni fa. Alle 8 del mattino si unisce ai suoi compagni e insieme lasciano l’accampamento. Girovagano per boschi e prati, raccolgono funghi, acchiappano rane, scavano per estirpare qualche buona radice. In caso di pericolo si danno alla fuga per scappare dalle tigri. Alle 2 del pomeriggio sono di nuovo all’accampamento. Mangiano e hanno ancora tutto il tempo per stare insieme, giocare con i bambini o semplicemente riposarsi. Persino oziare.

Perchè il confronto e la riflessione siano validi bisogna evitare una serie di errori che spesso si fanno quando si pensa alle società primitive ed è necessario superare anche un bias ben noto in antropologia, il pregiudizio etnocentrico.

“Non facciamo che parlare di noi anche mentre crediamo di parlare di altro e di altri”
In pratica, il primo errore dei contemporanei è quello di considerare l’abbondanza (in tutte le sue declinazioni) un valore assoluto e, di conseguenza, universalizzare le nostre esigenze particolari, attribuendole anche a società molto distanti da noi per organizzazione e sistema valoriale.

Inoltre abbiamo la tendenza a infantilizzare gli uomini primitivi.

Per dirla con Clastres, se non troviamo nell’uomo primitivo la tipica psicologia di un manager non significa per forza che l’economia primitiva sia intrinsecamente inferiore. Società come quelle dei nativi americani ci hanno dato la prova che si può essere una civiltà estremamente complessa anche se non tecnologicamente avanzata.

La lunga pandemia che stiamo affrontando tra le tante conseguenze ci ha portato spesso a riflettere sul nostro modo di vivere e su quel che significa per noi il tempo libero.

Un tempo libero che in quest’anno è stato sacrificato, considerato superfluo, addirittura criminalizzato. Ma se per noi l’ozio è il padre dei vizi, per le tribù dei nostri antenati non era una colpevole interruzione, ma il sale della vita.

Immagine da Pixabay


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