Giulia Negri per Il Tascabile parla di come è cambiato nei secoli il rapporto, simbolico e concreto, con il carnivoro terrestre di maggiori dimensioni dell’emisfero settentrionale.
L’autrice, specializzata in comunicazione della scienza, analizza il ruolo dell’orso nelle culture umane, dalla sua rappresentazione nelle caverne preistoriche fino alla sua presenza nei racconti e nei media contemporanei.
L’orso fa parte della megafauna carismatica: è amato, temuto, odiato. Non sono così numerosi gli animali che suscitano sentimenti tanto contrastanti ed è interessante, perciò, provare a capire da dove provengano queste contraddizioni. Uno dei temi più comuni nelle storie sugli orsi tramandate fino ad oggi è l’ipotesi di una stretta parentela fra questi plantigradi e gli esseri umani. Tra tutti gli animali che un abitante dell’Eurasia e delle Americhe dei tempi antichi poteva incontrare, come riporta lo scrittore Bernd Brunner in Uomini e orsi. Una breve storia (2010), l’orso era quello che più assomigliava a noi.
L’orso è stato visto come un parente stretto degli esseri umani, suscitando sentimenti contrastanti di amore, paura e odio.
Nel suo libro Brunner prova a immaginare un ipotetico primo incontro tra le due specie, pensando soprattutto allo stupore che la posizione eretta assunta in alcune situazioni dall’orso avrà provocato in quegli umani: “solo pochi tipi di roditore e, curiosamente, i gufi stanno in posizione verticale come gli uomini”. Oltre a questa peculiarità, nei primi incontri avrà provocato stupore la capacità degli orsi di cogliere la frutta con le zampe anteriori con destrezza, la posizione frontale degli occhi, le impronte abbastanza simili agli umani, il fatto che si nutrissero delle stesse cose, e che probabilmente fossero in competizione per l’utilizzo delle caverne. In più, dopo averlo scuoiato, i cacciatori preistorici avranno visto in modo ancora più chiaro quanto quel corpo snello e chiaro somigliasse al loro. Se da un lato poteva scaturire un’intima connessione, dall’altro poteva nascere un’impegnativa rivalità.
Esistono prove di un culto dell’orso in diverse regioni dell’emisfero settentrionale durante l’età paleolitica, mentre questo animale ha avuto un ruolo significativo nella mitologia greco-romana, germanica e celtica ed è stato demonizzato dalla Chiesa cristiana altomedievale.
Nelle leggende medievali l’orso era descritto come un simbolo di forza e pericolo. Durante questo periodo, l’orso era spesso associato a qualità guerriere e veniva visto come una creatura temibile e potente. Le leggende lo rappresentavano come un avversario formidabile, capace di incutere timore e rispetto. Questo rifletteva la percezione dell’orso come una minaccia reale per le comunità umane dell’epoca.
L’immaginario dell’orso ha quindi subito una trasformazione significativa nel corso dei millenni. Inizialmente visto come una figura potente e sacra nelle culture preistoriche, l’orso è diventato un simbolo di forza e pericolo nelle leggende medievali. Oggi invece l’orso è spesso rappresentato in modo più amichevole e antropomorfizzato nei media e nella cultura popolare, riflettendo un cambiamento nel nostro rapporto con la natura e gli animali selvatici.
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