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Luca Sofri sull’affaire Crocetta

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Su suggerimento di @Lemkin.

Due interessanti pezzi di Luca Sofri, peraltro direttore del Post, sulla misteriosa intercettazione di Crocetta e Tutino su Lucia Borsellino.
Il primo articolo si focalizza sull’ormai “classica” (ma irrisolta) questione del corto circuito mediatico-giudiziario e dei rapporti tra potere giudiziario e politica nel nostro ordinamento. Il secondo è centrato su alcune ipotesi, entrambe “spaventose”, in merito all’esistenza dell’intercettazione. Trait d’union è il buio in cui brancola l’opinione pubblica, alla ricerca di una verità che pare inafferrabile.

Fa impressione come molti degli eccitati professionisti dell’indignazione che hanno sbrigativamente rilasciato dichiarazioni, protestato, chiesto dimissioni, appartengano alla bellicosa fazione dei sostenitori delle “regole”, della “legalità” e del rigore nei comportamenti: ciò non di meno sono i primi a far discendere giudizi, scelte, fatti, da un’informazione circolata in violazione delle regole, diffusa senza nessun rigore e persino smentita, con modalità estranee e probabilmente contrarie al rispetto della legalità, che al momento rendono la stessa informazione incerta, dubbia, misteriosa. È solo l’ennesimo svelamento della grande ipocrisia dei presunti legalitari che da anni cercano di sostituire a legge e regole un sistema di giudizio e norme parallelo, “sostanziale”, basato di volta in volta – a seconda dell’utilità giustizialista e demagogica – sulla strumentalizzazione di precoci e parziali atti giudiziari, o sull’esaltazione giornalistica di fatti non rilevanti o, in questo caso, persino smentiti dalle autorità giudiziarie (quelle che fino a un attimo prima erano considerate uniche proponenti della verità). Quel che conta per loro è che uno strumento qualunque – parziale, fuorviante, o persino bugiardo – permetta di indicare dei “cattivi” e un “male” grazie ai quali sentirsi migliori da una parte e raccogliere il consenso indicando un nemico dall’altra. E al diavolo le regole.

Immagine da flickr.


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