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Luce del nord, romanzo degli ultimi pensato e scritto in una portineria

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Su Internazionale, la recensione a firma di Francesco Erbani di Luce del nord, il romanzo d’esordio dell’ex autore cinematografico Gianluigi Bruni.

Sessantacinque anni, alto, robusto, un golf di lana morbida, Gianluigi Bruni lavora come portiere in un edificio di fine anni sessanta nel quartiere romano della Garbatella. Gli manca poco per andare in pensione. Nel 1995 seppe che il vecchio portiere stava per lasciare e mandò un curriculum all’ente di previdenza degli avvocati, proprietario dell’edificio. Nel curriculum c’era scritto tutto di sé: che non aveva esperienza di portineria, che era laureato in filosofia all’università di Roma e diplomato al Centro sperimentale di cinematografia, e che nel cinema aveva lavorato per dodici anni. Era stato assistente alla regia di Federico Fellini nel film La città delle donne, poi segretario e ispettore di produzione. Aveva collaborato con Luigi Comencini, Lina Wertmüller e Liliana Cavani, e con Dino Risi aveva realizzato uno spot pubblicitario.

Fin qui il curriculum, che fu apprezzato e che gli procurò l’impiego. Il seguito travagliato della sua vita, la disoccupazione, il tracollo economico, Bruni li racconta seduto in poltrona nel piccolo appartamento che gli è stato assegnato in qualità di portiere e che divide con la moglie Cristina. Nonostante il soffitto basso, la luce soffusa e i tanti libri in ordine negli scaffali di legno chiaro rimandano un’atmosfera modesta e calda.

Immagine da Wikimedia.


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