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L’Unione, Kurz e i vaccini

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Incolpare l’Unione Europea per i ritardi nella campagna vaccinale contro il coronavirus sarà sempre più difficile. Mentre nel primo trimestre del 2021 sono stati distribuiti nei 27 paesi europei 107 milioni di dosi di vaccino – sono stime recentissime – da qui alla fine di giugno ne arriveranno quasi il triplo, cioè circa 300 milioni di dosi, due terzi dei quali da un produttore che finora si è dimostrato piuttosto rigoroso nelle consegne, Pfizer-BioNTech. L’auspicata accelerazione dipenderà quindi dell’efficienza dei governi nazionali.

Questo non significa che nelle prossime settimane qualche governo non provi a dare la colpa all’Unione Europea per i propri ritardi, o a cercare di distogliere l’attenzione dai problemi interni buttando la palla in Europa. Negli ultimi giorni ci ha provato piuttosto goffamente il cancelliere austriaco Sebastian Kurz.

Nel Consiglio Europeo della settimana scorsa, a dire il vero piuttosto inconcludente, Kurz aveva chiesto esplicitamente una redistribuzione con criteri diversi da quelli attuali dei 10 milioni di dosi aggiuntive del vaccino di Pfizer-BioNTech che l’Unione Europea aveva ottenuto di recente. Kurz aveva sostenuto che l’attuale metodo di redistribuzione, che si basa in sostanza sulla popolazione di ciascuno stato, avesse danneggiato gli stati più piccoli e meno popolosi come l’Austria, incolpando i grigi burocrati di Bruxelles per aver fatto male i calcoli. Per questa ragione chiedeva che i paesi in questione venissero compensati con una quota maggiore della fornitura aggiuntiva di 10 milioni di dosi di Pfizer-BioNTech.

Kurz aveva ottenuto di dirimere la questione nell’ambito del Consiglio dell’UE, l’organo dove sono rappresentati i governi dei 27 paesi membri, che pochi giorni dopo aveva elaborato un piano. Sui 10 milioni di dosi, 7 milioni sarebbero stati distribuiti secondo il solito criterio della popolazione, mentre 3 milioni sarebbero stati ceduti ai sei paesi più indietro nella campagna di vaccinazione. Fra questi sei paesi – Bulgaria, Croazia, Estonia, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia – non c’era l’Austria, la cui campagna di vaccinazione sta andando benino, anche se potrebbe andare meglio.

Quando Kurz ha realizzato che l’Austria non sarebbe stata compresa nel gruppo dei sei paesi ha cambiato idea e proposto di tornare al meccanismo di distribuzione in base alla popolazione: alla fine si è persino rifiutato di prendere parte al nuovo meccanismo, dimostrando che più che ai paesi più piccoli era interessato soprattutto al suo. «La solidarietà non è un gioco di convenienza», ha sbottato un diplomatico europeo parlando con Politico: «purtroppo alcuni stati membri hanno scelto di proteggere i propri interessi piuttosto che guardare ai benefici a lungo termine dell’Unione».

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