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Perchè gli scrittori corrono

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Su suggerimento e a cura di @Cek77

“Pazienza, fatica, silenzio, tempo, e profondità.
Per ricompensa: il pensiero.
La prossimità al senso delle cose.”

Queste parole tratte da I Barbari di Baricco potrebbero descrivere ugualmente la scrittura e la corsa, ma perchè molti autori del passato e soprattutto del presente dedicano parte del loro tempo ad attività podistiche?
Ne scrisse Joyce Carol Oates in un articolo del 1999 sul New York Times, ripreso in questi giorni su Rivista Studio da Anna Momigliano.
La corsa sembra poter avere un ruolo nella neurogenesi in età adulta, una creazione di nuove cellule nell’area dell’ippocampo, e per uno scrittore ci sarebbe il beneficio di riuscire a recuperare in maniera maggiore ricordi, esperienze utili alla composizione letteraria.
In un ulteriore articolo su The Atlantic Nick Ripatrazone tratta l’argomento dei romanzieri corridori, portando anche uno degli esempi più conosciuti in Italia: Haruki Murakami, lo scrittore giapponese, che nonostante avesse iniziato a correre dopo la pubblicazione dei suoi primi due romanzi, afferma che la sua vera esistenza come scrittore serio sia iniziata il giorno in cui ha fatto jogging per la prima volta.

“Correre è libertà, è solitudine, permette di prendere le distanze. C’è una cadenza meditativa nell’uniformità dei respiri e delle falcate. Chi scrive, così come chi corre, opera su un piano lineare e spesso capita di accorgersi che le due attività possono beneficiare l’una dall’altra”

 

Immagine da pixabay.


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