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Nel 1972, nella sua camera di Berkeley, California, Paul Schrader era uno studente di cinema alle prese con la tesi di laurea. Nel testo, che avrebbe poi intitolato Il Trascendentale nel cinema, Schrader teorizzava come il cinema fosse un’arte anti-spirituale in quanto guidato da azione e empatia, e che solo in rari casi, con autori come Bresson, Ozu e Dreyer, l’immagine era riuscita a protendersi verso qualcosa di “sacro”, trattenendo molti dei piaceri del cinema convenzionale di evasione, “avvicinandoci a quel silenzio, quell’immagine invisibile, in cui le linee parallele di religione e arte si incontrano e si compenetrano.”

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