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Riconoscimento facciale alla sua prima crisi

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Una delle conseguenze dell’uccisione di George Floyd a Minneapolis è stata anche di costringere all’angolo le tecnologie di riconoscimento facciale. Il movimento di protesta globale successivo alla sua morte ha infatti messo alcune aziende tech di fronte alle proprie contraddizioni, nel momento in cui esprimevano solidarietà col movimento ma nel contempo vendevano servizi e prodotti utilizzati dalle forze dell’ordine per sorvegliare e reprimere quegli stessi manifestanti.

L’onda d’urto di tale protesta antirazzista è stata tale da mandare in cortocircuito il già contestato riconoscimento facciale, riuscendo dove altri avevano fallito, in una dinamica decisamente interessante (e che meriterebbe di essere approfondita) in cui sono i movimenti sociali, addirittura di piazza, a incidere sullo sviluppo e l’adozione di tecnologie (e non è la tecnologia che abilita il movimento sociale, uno schema interpretativo forse più battuto fino ad oggi e che a volte ha peccato di soluzionismo tecnologico, in versione radicale-progessista).

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