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Rifugiato eritreo scambiato per un trafficante di migranti: il pm fa causa al giornalista che ha scoperto l’errore giudiziario

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Valigia Blu racconta la storia del giornalista del Guardian Lorenzo Tondo che ha seguito il cosiddetto “caso Mered”: ossia l’arresto nel 2016 del potente trafficante eritreo Medhanie Yehdego Mered, ordinato della procura di Palermo. Mered sarebbe a capo di un’organizzazione con base in Libia, che gestisce il traffico di esseri umani dall’Eritrea all’Europa.

Gli articoli di Tondo pubblicati sul Guardian avrebbero successivamente avanzato l’ipotesi che l’arresto sia il frutto di uno scambio di persona: l’uomo arrestato infatti sarebbe Medhanie Tesfamariam Behre, un pastore sudanese che stava tentando di raggiungere l’Europa.

Nei mesi successivi, Tondo continua a scrivere sul quotidiano britannico portando alla luce sempre più aspetti che facevano propendere per l’errore giudiziario: i racconti della famiglia dell’imputato, i dati provenienti dal controllo del suo profilo Facebook, persino la testimonianza della moglie del vero trafficante, Medhanie Yehdego Mered, supportavano l’ipotesi dello scambio di persona e che in carcere ci fosse il Medhanie sbagliato. […] Nel maggio 2018 arriva anche il test del DNA della moglie e del figlio di Mered e dell’uomo in carcere, Medhanie Tesfamariam Berhe, che sembra cancellare ogni dubbio. Fino all’estate del 2019 quando il giudice Alfredo Montalto della seconda sezione della Corte d’Assise emette la sentenza di scarcerazione. Behre viene condannato a 5 anni per aver contattato un trafficante per aiutare suo cugino Samson Gherie a raggiungere la Libia, ma non era Mered. Avendo già trascorso 3 anni in carcere, viene disposta la sua scarcerazione immediata.

La vicenda tuttavia non sembra essersi conclusa.

Tra dicembre 2019 e gennaio 2020, l’allora pubblico ministero, Calogero Ferrara, diventato ora procuratore delegato nella nuova “procura europea”, ha intentato due querele per diffamazione nei confronti di Tondo per un post su Facebook e per una serie di articoli pubblicati sul Guardian che, secondo Ferrara, conterrebbero informazioni inesatte.

La querela è stata indicata dalle principali associazioni giornalistiche come un “atto di molestia e intimidazione” verso un reporter, portando a sostegno della tesi il fatto che Ferrara avrebbe atteso un anno dalla fine della mediazione obbligatoria per intentare la causa. Nel frattempo, infatti, Tondo ha smesso di scrivere sulla vicenda, per “prudenza”.

Immagine da Wikimedia Commons


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