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Trieste, come danneggiarsi l’immagine in due semplici mosse

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A cura di @NedCuttle21(Ulm).

In un articolo pubblicato su Internazionale, Annamaria Testa parla della polemica sorta intorno a due manifesti: quello creato dall’artista Marina Abramovic per la celebrazione dei cinquant’anni della Barcolana, regata velica triestina tra le più importanti al mondo, e quello realizzato per una mostra, a Trieste, sulle leggi razziali del ’38.

A Trieste si sono verificati di recente un paio di episodi che riguardano la comunicazione. Meritano di essere analizzati perché possono insegnarci qualcosa di importante, se li esaminiamo con calma. Per questo cercherò di discuterne in modo semplice. E misurando le parole. Il primo episodio risale allo scorso agosto. Riguarda il manifesto commissionato per celebrare i cinquant’anni della Barcolana, una delle regate veliche più grandi del mondo, orgoglio della città. Il manifesto lo progetta Marina Abramovic. Il manifesto è questo. Che cosa ci vedete, voi?

In un pezzo pubblicato lo scorso agosto su Artribune, Vittorio Sgarbi difende il manifesto realizzato da Marina Abramovic per la Barcolana.

La censura è il miele per gli artisti. L’innalza, li fa diventare simboli, li protegge come uno scudo. Proprio perché l’artista non è un politico, anche se fa politica, contrapporsi alle sue proposte è sempre fallimentare. Ne farai un eroe. Certo gli artisti tendono a essere all’opposizione del potere, danno voce a proteste; ma è soltanto una visione miope che riduce le loro astrazioni a contrasti ideologici, su politiche locali o globali.

Immagine da Flickr.


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