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Un’intervista a Noam Chomsky e Alexandra Ocasio-Cortez

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Laura Flanders su Jacobin Magazine propone un’intervista con la deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez e il linguista Noam Chomsky.

Chomsky inizia mettendo i «puntini sulle i» ad alcune definizioni:

Alcune persone pensano che “neoliberalismo” significhi una società completamente commercializzata. Ma questo non è mai stato il caso. Quello che abbiamo avuto per quarantacinque anni è quello che molti economisti hanno chiamato “economia di salvataggio”. Abbiamo le ovvie conseguenze, crisi finanziaria dopo crisi finanziaria. E ogni volta che arriva, c’è un salvataggio finanziato dai contribuenti.

Chomsky illustra questo pensiero partendo con l’esempio dei TARP (Troubled Assets Relief Program) di George W. Bush, evidenziando come questi «sistemi predatori» siano sempre più in crisi. Alexandra Ocazio-Cortez riprende il discorso illustrando le difficoltà ad accettare il cambiamento anche all’interno del suo partito:

Dopo la mia vittoria, c’è stato un tentativo imponente e organizzato da parte dei media di dipingere la mia vittoria come un colpo di fortuna. L’allora governatore di New York Andrew Cuomo disse, nel giro di pochi giorni, che si è trattò di un risultato irripetibile. I funzionari e gli eletti del Partito Democratico hanno cercato di liquidare l’accaduto come una casualità.

L’intervista passa ad altri temi di attualità, come l’identity politics e i tentativi di arginare il riscaldamento globale. Su questo punto Chomsky è più pessimista:

Prendiamo il senatore della West Virginia Joe Manchin, grande beneficiario di finanziamenti per i combustibili fossili, che ostacola il progresso sul cambiamento climatico e molte altre cose. Il suo credo è fondamentalmente quello della ExxonMobil. Le sue parole sono chiare: nessuna eliminazione, solo innovazione. Questo si chiama greenwashing: continuare a spandere combustibili fossili nell’atmosfera e sperare che forse un giorno qualcuno troverà un modo per liberarsi di alcuni dei veleni.

La parte finale si concentra sull’annosa questione del come raggiungere gli ideali prefissati dai progressisti e gli inevitabili compromessi  e il senso di cinismo che si prova quando si lavora all’interno di un meccanismo che si vorrebbe smantellare. Alexandra Ocasio-Cortez pensa che un «nuovo mondo» non solo sia possibile, ma sia già nei fatti di molte realtà virtuose funzionanti:

Quello su cui lavoro non è «come troviamo soluzioni?» ma «come scaliamo le soluzioni che abbiamo  già sviluppato per trasformare la nostra società?». E questo è un lavoro che rompe i circolo vizioso del cinismo.

 


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