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20 anni senza Fabrizio De André

20 anni senza Fabrizio De André

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Per celebrare il ventesimo anniversario della scomparsa del celebre cantautore genovese Fabrizio De André, The Post Internazionale ha intervistato suo figlio Cristiano.

“E come tutte le più belle cose / vivesti solo un giorno come le rose”. Era l’11 gennaio 1999, quando la musica italiana perdeva il suo amico fragile. Una terribile malattia portava via con sé, troppo presto, il cantore della libertà, il poeta che ha regalato con i suoi versi l’eternità agli sconfitti e alle loro piccole storie di periferia.

Con lo sguardo rivolto verso l’utopia, ma con la penna ben radicata a terra, Fabrizio De André ha narrato la realtà come pochi altri, scavando la bellezza negli occhi degli ultimi, degli emarginati e delle prostitute. A vent’anni dalla sua scomparsa, a ricordarlo oggi è Cristiano, artista di prim’ordine nonché figlio del primo amore di Fabrizio, oggi in tour con ‘Storia di un impiegato. De André canta De André’.

Su Repubblica, il ricordo di F. De André nelle parole di un suo grande amico, Francesco De Gregori.

«Con Fabrizio De André ci siamo conosciuti al Folkstudio dove lo portò una sera mio fratello Luigi e ci trovammo subito simpatici. Tanto che, qualche tempo dopo, mi invitò da lui in Sardegna, a Portobello di Gallura, per provare a fare delle cose insieme: ‘Belìn – lui diceva sempre belìn -, perché non vieni da me? Devo scrivere e non c’ho idee!’. ‘Vengo di corsa’. Non c’era nessuno, era inverno, faceva un freddo della Madonna. Mi invitò, secondo me, perché era curioso: gli piaceva vedere come scrivevano gli altri. E poi, stranamente, era anche un po’ insicuro. Di me gli interessava il versante angloamericano che lui non conosceva bene perché si era formato sugli chansonnier francesi. Con me, figuriamoci, si ubriacò di Bob Dylan.

 


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