Edoardo Greblo si chiede su Mimesis in che modo potrebbe nascere nei cittadini europei un senso solidarietà civica transnazionale e come superare il “deficit democratico” dell’Unione.
Per cominciare, occorre rinunciare all’idea che le identità politiche, intese quali espressioni del senso di appartenenza degli individui, derivino unicamente da interpretazioni collettive del passato attraverso il processo immaginario di creazione delle tradizioni e delle memorie condivise, e propendere piuttosto per un orientamento pragmatico. Il “noi” in cui i cittadini si riconoscono dipende dalla rete di pratiche informali dell’interazione quotidiana e dalle interdipendenze formali definite dai ruoli sociali, per cui l’identità collettiva tende a coincidere con la serie di pratiche stabili e reciproche di identificazione tra le persone e le istituzioni. La forza inclusiva dell’ordine europeo è assicurata dal contesto di interdipendenze e connessioni sovranazionali che portano a separare la dimensione dell’integrazione politica dei cittadini da quella dell’appartenenza culturale, etnica e nazionale. L’Europa può ricavare la propria forma di legittimazione non solo da riforme istituzionali, ma anche da pratiche condivise, come la mutualità del debito, ed è verosimile che la sua costruzione sia più una questione di pazienza e di aggiustamento delle istituzioni che di richiami al potere costituente del popolo.
Immagine da pixnio.
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