In un articolo pubblicato su Internazionale, Daniele Cassandro racconta la mutevole musica della band britannica capitanata dalla cantante di origini nigeriane Sade Adu.
A metà anni ottanta Sade, la band pop-jazz britannica formata dalla cantante anglonigeriana Sade Folasade Adu con Paul Denman, Andrew Hale e Stuart Matthewman, aveva un enorme successo, sia in Europa sia negli Stati Uniti. Sade, come Blondie, è una band, ma tutta l’attenzione del pubblico e dei mezzi d’informazione era ed è tutt’oggi calamitata dalla misteriosa e carismatica presenza della loro cantante, che diventò uno dei volti del decennio quando comparve di profilo, come la regina sulle monete, sulla copertina di Time magazine nell’aprile del 1986.
Il successo di Sade non conosceva confini, ma a differenza di altri artisti pop di quel periodo, che comparivano ovunque e cambiavano look e suono con velocità vertiginosa, Sade e la sua band rimanevano sempre fedeli alla loro formula: un soft jazz che sconfinava nel pop sofisticato, un look patinato ma mai chiassoso o provocante e una generale aria di coolness e distacco britannico. Facevano pochissime interviste, nessuna vita mondana e nessuna concessione ai paparazzi.
Artista schiva, la cantante nigeriana ha sempre fatto parlare poco di sè:
Sade Adu in particolare è sempre stata una popstar riluttante: in quarant’anni di carriera non ha mai svelato nulla della sua vita privata e ha centellinato la sua immagine con la protervia di una Greta Garbo. Era difficile definire chi fosse e da dove venisse Sade: il padre era un economista nigeriano, un accademico, la madre un’infermiera britannica.
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