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I programmi di benessere aziendale non rendono felici i dipendenti

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Su The Guardian André Spicer parla dei programmi di benessere aziendale offerti ai dipendenti, valutando gli studi pro e contro queste pratiche.

I wellness programmes sono una serie di attività/benefici/proposte in aggiunta al salario che l’azienda propone al dipendente, come un corso di yoga. La teoria dietro a questo impegno è che un dipendente felice sia anche un lavoratore più produttivo. L’offerta spazia dai piani individuali alle attività di gruppo:

Per migliorare la salute dei dipendenti, le aziende fanno di tutto: aiutano i lavoratori a smettere di fumare, offrono piani dietetici e alimenti salutari, introducono sessioni di yoga e di esercizio fisico, installano scrivanie con biciclette fisse, forniscono ai dipendenti applicazioni che tengono traccia dei loro movimenti e del loro sonno, mettono a disposizione psicologi, accompagnano i dipendenti in avventure all’aria aperta e molto altro ancora.

Il giro di affari è di circa sessanta miliardi di dollari; viene spontaneo chiedersi se questi interventi funzionino. Secondo uno studio dell’Università di Oxford, non è così:

Un nuovo studio condotto da William Fleming dell’Università di Oxford esamina l’impatto di un’ampia gamma di interventi per il benessere sul posto di lavoro, come corsi di gestione dello stress e di mindfulness e app per il benessere. È emerso che quasi nessuno di questi interventi ha avuto un impatto statisticamente significativo sul benessere dei lavoratori o sulla soddisfazione lavorativa. Non hanno migliorato il senso di appartenenza al lavoro dei dipendenti né hanno ridotto la pressione del tempo percepita. Né hanno fatto sentire i dipendenti supportati o migliorato le relazioni sul posto di lavoro. In alcuni casi, gli interventi per il benessere sembrano peggiorare la situazione, secondo lo studio. Ad esempio, la formazione sulla resilienza e la mindfulness sul posto di lavoro hanno avuto un impatto leggermente negativo sulla salute mentale dei dipendenti.

Lo studio non è il solo a mostrare scetticismo, anche negli Stati Uniti una simile indagine ha trovato risultati poco incoraggianti. Ma se buttare soldi al vento in spensieratezza non funziona, cosa è che rende felice il dipendente? Chiosa Spicer:

Le pratiche lavorative di molte organizzazioni sembrano in realtà scoraggiare il benessere dei dipendenti. Jeffrey Pfeffer dell’Università di Stanford ha fatto parte di un’équipe che ha analizzato come molti fattori comuni di stress sul posto di lavoro siano alla base di malattie e persino della morte. Attingendo alle prove epidemiologiche, hanno identificato 10 tra le più comuni fonti di stress sul posto di lavoro, tra cui il lavoro a turni, gli orari di lavoro prolungati, l’insicurezza del posto di lavoro, i conflitti tra lavoro e vita privata, il basso controllo del lavoro, le elevate richieste di lavoro e la mancanza di supporto. Quando hanno analizzato l’effetto di questi fattori sull’intera popolazione statunitense, hanno scoperto che circa 120.000 decessi all’anno possono essere attribuiti a queste cattive pratiche sul posto di lavoro. Hanno inoltre stimato che tra il 5% e l’8% della spesa sanitaria negli Stati Uniti (pari a 175 miliardi di dollari – 280 miliardi di dollari) è determinata dal modo in cui le aziende gestiscono i propri dipendenti.


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