In un articolo pubblicato su Valigia Blu, Vitalba Azzolini riflette sulla libertà di manifestazione del proprio pensiero provando a valutare la fondatezza delle ragioni alla base delle sanzioni disciplinari ricevute dallo scrittore e docente Christian Raimo per le sue aspre critiche al ministro Valditara. L’autrice prova quindi a spiegare le regole cui dovrebbero attenersi i dipendenti della pubblica amministrazione durante l’utilizzo dei social network.
Raimo era finito in qualche interrogazione parlamentare e aveva anche ricevuto delle sanzioni per uscite a tema politico. L’ultima di queste frasi in linea temporale è stata contro il ministro dell’Istruzione («Dentro la sua ideologia c’è tutto il peggio: la cialtronaggine, la recrudescenza dell’umiliazione, il classismo, il sessismo. Se è vero che non è lui l’avversario, è vero che è lui il fronte del palco di quel mondo che ci è avverso, e quindi va colpito lì, come si colpisce la Morte nera in Star Wars»).
Qual è il confine che separa la libera manifestazione del pensiero e l’espressione di opinioni idonee a ledere l’immagine della pubblica amministrazione? La domanda si pone dopo aver letto la vicenda resa nota in questi giorni da Christian Raimo, insegnante di scuola superiore, giornalista e scrittore. Nel giro di pochi mesi, Raimo è stato destinatario di una prima sanzione disciplinare per comportamenti non conformi al codice di comportamento dei dipendenti del ministero dell’Istruzione e del Merito (MIUR), a seguito di sue esternazioni riguardanti il ministro Giuseppe Valditara; poi ha ricevuto una seconda sanzione per il medesimo motivo, dopo sue ulteriori esternazioni, e potrebbe subire conseguenze che vanno dalla sospensione senza stipendio al licenziamento.
Secondo Azzolini, la normativa che regola il comportamento dei dipendenti pubblici non è chiara, lasciando molta libertà di interpretazione su cosa vada bene e cosa no.
In conclusione, l’indeterminatezza delle regole dei Codici di condotta si traduce in un amplissimo potere discrezionale in capo all’amministrazione cui appartiene il dipendente. E l’eccesso di discrezionalità rischia di sfociare in arbitrio. La normativa non prevede criteri precisi cui ancorare le relative valutazioni, né c’è una qualche tipizzazione delle condotte sanzionabili o, almeno, la precisazione del tipo di azioni cui le disposizioni si riferiscono (ad esempio, like, retweet, emoji sono ricompresi?). Ciò appare particolarmente grave, in quanto le nuove disposizioni incidono sulla libertà di manifestazione del pensiero.
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