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A cento anni dall’epidemia di influenza spagnola abbiamo ancora da imparare

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Su suggerimento di @Ogeid3 e a cura di @NedCuttle21(Ulm).

Su Il Tascabile, un articolo di Roberta Villa sulla dimenticata pandemia influenzale che nel 1918 uccise decine di milioni di persone. L’autrice cerca di far luce sulle cause alla base dell’oblio, mettendo a confronto il modo in cui mass media e autorità sanitarie dell’epoca affrontarono il problema con quello in cui nel 2009 è stato trattato il caso della cosiddetta influenza suina, causata dallo stesso tipo di virus (A-H1N1) della Spagnola del secolo scorso:

Provate a indovinare quale è stata la pestilenza che ha flagellato di più l’umanità. Qualcuno ricorderà subito la famosa Morte nera del Trecento, che in cinque anni, tra il 1347 e il 1352, stravolse la storia europea, riducendo di un terzo la popolazione del Vecchio continente. A qualcun altro verrà in mente la più recente tragedia dell’AIDS, prontamente ribattezzata “la peste del secolo”, che dall’inizio degli anni Ottanta si diffuse a macchia d’olio in tutto il mondo, sconvolgendo gli stili di vita occidentali e falcidiando in alcuni Paesi africani intere generazioni. Pochi penseranno invece alla cosiddetta Spagnola del 1918, la pandemia influenzale di cui ricorre quest’anno il centenario, che forse si sarebbe meritata più propriamente l’epiteto attribuito all’immunodeficienza acquisita provocata dall’HIV.

 

Nell’immagine: Adele Di Crescenzio, morta di spagnola a 21 anni. Di lei rimangono questa foto trasognata ed una marea di asciugamani, federe e lenzuola di ginestra (tessuto ricavato dai fusti dalla ginestra) con il suo monogramma ADC, provenienti dal suo corredo di nozze.


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