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Alternanza scuola-lavoro, formazione e sicurezza oltre pregiudizi e disinformazione

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In un documentato articolo pubblicato su Valigia Blu, Fabio Avallone indaga il rapporto tra scuola, formazione professionale e lavoro, chiarendo alcuni aspetti della cosiddetta alternanza scuola-lavoro e tracciando un quadro complessivo del drammatico fenomeno delle morti bianche. Le notizie delle morti di ragazzi in incidenti sul lavoro, ormai diventati un topos giornalistico, ciclicamente riaprono il dibattito sul rapporto tra scula e mondo del lavoro

Il 22 gennaio è stato l’anniversario della morte del giovane Lorenzo Parelli, avvenuta l’ultimo giorno del tirocinio in fabbrica svolto durante il quarto anno del corso di meccanica industriale, nel percorso duale del Centro di Formazione Professionale del Bearzi di Udine.

Proprio in questi giorni il Governo Meloni sta affrontando la questione della cosiddetta alternanza scuola lavoro, tornata attuale dopo la drammatica morte di Giuliano De Seta, avvenuta a settembre, e le polemiche seguite sul mancato indennizzo da parte dell’Inail.

Da mesi gli studenti di tutta Italia protestano contro le norme che prevedono periodi di stage gratuito presso le aziende e, in particolare, chiedono l’abolizione dei PCTO (Percorsi per la Competenze Trasversali e per l’Orientamento) e recentemente hanno sferrato un durissimo attacco al Ministro Valditara.

La stessa informazione, però, è spesso estremamente superficiale ed imprecisa. L’informazione parla genericamente di “Alternanza Scuola Lavoro” quando, in realtà, siamo di fronte ad un contesto più articolato.

Va premesso, purtroppo, che il sistema dell’informazione in Italia contribuisce in maniera drammatica alla disinformazione sul tema e che quasi sempre sulle agenzie di stampa, giornali e TV si parla di “alternanza scuola lavoro” in maniera indistinta, senza distinguere tra i sistemi attualmente in vigore.

In Italia, infatti, esistono due sistemi molto diversi tra loro che prevedono la partecipazione degli studenti a stage e tirocini presso le aziende, uno relativo alla formazione professionale, l’altro che riguarda gli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori, licei compresi.

La semplificazione giornalistica, invece, alimenta un artificiale appiattimento del dibattito sul solo tema dell’alternanza scuola-lavoro, impedendo una discussione concreta sui singoli temi. Ad esempio, là dove è possibile discutere il valore dell’alternanza per i licei, diventa sostanzialmente impossibile negare che stage ed apprendistati siano il punto qualificante dell’offerta formativa professionale. Ugualmente, volendo fare un confronto con altri Paesi, potrebbe essere utile discutere le dinamiche della transizione scuola-lavoro nel loro complesso, oppure rivedere l’attuale impianto dei cicli di studio, che impongono la scelta tra istruzione superiore ed istruzione professionale a ragazzi di 14 anni, i più giovani nel panorama Europeo.

Nel polarizzare il dibattito sull’alternanza scuola-lavoro si trascura, inevitabilmente, il vero tema che dovrebbe essere all’ordine del giorno, ovvero quello della sicurezza sul lavoro.

Quello delle morti bianche è un argomento che viene trattato con superficialità, approssimazione e molto spesso solo sull’onda emotiva di un decesso “notiziabile”, di solito lavoratrici o lavoratori giovani e giovanissimi oppure incidenti in cui perdono la vita più lavoratori contemporaneamente.

Il frame che rileviamo più spesso è quello del padrone avido e sfruttatore al quale si contrappone il “determinismo” della “tragica fatalità”. Non aiutano a fare chiarezza i numeri che vengono diffusi dai mezzi di informazione e dalle istituzioni, per le ragioni che diremo dopo.

[…]

Parallelamente, però, c’è da compiere un lavoro enorme sulla sicurezza in generale. Finché l’Italia avrà statistiche terrificanti per quanto riguarda le morti sul lavoro e quelle sulle strade, sarà impossibile tenere in sicurezza i ragazzi e le ragazze che studiano e che si stanno formando, a meno che non si voglia immaginare che il mondo della formazione non si incroci mai con quello del lavoro, cosa che non avrebbe termini di paragone in Europa e, forse, nel mondo.


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