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Autopsia dell’economia chavista

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A cura di @hectorrez@NedCuttle21(Ulm), @trt, e @err.

Un articolo pubblicato su Medium spiega il funzionamento dell’economia del Venezuela e i motivi della sua crisi partendo non solo dall’appello alla resistenza contro la guerra economica lanciato da Nicolás  Maduro all’indomani delle elezioni del 2013, ma già dalla reazione di Hugo Chavez al tentativo di golpe del 2002. Secondo l’autore, le misure adottate in quell’occasione e negli anni successi hanno portato alla comparsa di due classi sociali, definite dalla possibilità o meno di lavorare in dollari, e più recentemente alla deriva dittatoriale.

Nel 2014 esplodono di nuovo le proteste e nel Dicembre del 2015 si vota per rinnovare l’Asamblea Nacional. Il dollaro scambiato liberamente vale quasi 150 volte quello che il governo dovrebbe garantire per importare i beni di prima necessità. L’opposizione si compatta sotto un’unica coalizione e col 75% di affluenza conquista il 66% di seggi. Il chavismo è stato spazzato via dal Parlamento, ma è solo l’inizio della deriva dittatoriale.

Sulla natura non democratica della presidenza Madura, si  è espresso su twitter il giornalista del Wall Street Journal David Lunhow (i tweet si possono leggere anche su Threadreaderapp). Un articolo di Alberto de Filippis pubblicato Rivista Studio si concentra invece sulle ragioni di Juan Guaidó e su come si sia arrivati alla sua nomina.

Jared Abbott, intervistato da Jacobin, riconduce la crisi alla mancanza di una strategia da parte della sinistra venezuelana e sudamericana in generale per affrontare “un ambiente economico negativo”, alla poca trasparenza, alla corruzione e alla carenza di competenze del governo. Infine, Abbot indica un importante fattore nello stato ancora pre-capitalista in cui si troverebbero ampi settori delle economie dell’America Latina, sminuendo l’impatto della guerra economica o della borghesia locale e non. L’intervista prosegue toccando la crisi di consenso del chavismo e le prospettive future per il Venezuela.

In un articolo tradotto da Internazionale, Gwynne Dyer mette in guardia dai pericoli di ingerenze straniere nella questione venezuelana o persino di un intervento armato nel paese.

Invadere il Venezuela non sarebbe stupido quanto attaccare l’Iran, ma l’operazione incontrerebbe senz’altro una resistenza armata a cui sarebbero tentati di partecipare anche i patrioti venezuelani che disprezzano Maduro, perché gli eserciti di occupazione stranieri suscitano immancabilmente l’odio della popolazione. Inoltre Cuba, la Russia e probabilmente anche la Cina sosterrebbero la resistenza con denaro e magari anche con armi (che comunque non mancano in Venezuela).

Gli Stati Generali ha intervistato l’italovenezuelano Carlos Cosmo Gullì, che parla delle violazioni dei diritti dei venezuelani avvenute in questi anni.

Nel corso degli anni ho scritto per “L’Avanti” e per altri quotidiani nazionali articoli di forte denuncia della situazione venezuelana già a partire dall’anno 2000, quando il paese ha iniziato a mostrare i primi segni di deterioramento e di una dittatura incombente; in questo senso, mi vanto di essere stato uno dei primi ad aver avuto il coraggio di parlare del caudillo in un momento in cui era considerato un idolo. Per le mie posizioni ricevetti insulti e minacce, venni considerato un folle, ma nel mio piccolo insistetti e cominciai ad aprire un varco nel muro del silenzio torinese e italiano.

Immagine da Wikimedia.


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