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Formazione degli insegnanti e valutazione degli studenti

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In un’intervista pubblicata su MaddMaths!, il ricercatore in didattica della matematica Pietro Di Martino riflette sulla formazione dei docenti, sulla valutazione degli studenti e sullo stereotipo di genere secondo cui le ragazze sarebbero meno portate per la matematica rispetto ai ragazzi.

Ma veniamo ad uno dei temi sui quali era nata l’idea di questa intervista: la valutazione.

Il tema in realtà si lega molto alla questione delle difficoltà e della formazione insegnanti. La valutazione che si fa alle scuole secondarie di secondo grado, soprattutto all’inizio del percorso, è molto delicata. Io contesto una certa retorica che ha pervaso la discussione intorno al tema della valutazione scolastica in questi anni: quella del merito. Lo scopo della valutazione scolastica, soprattutto nella scuola di base e dell’obbligo, non è per me quello di gratificare chi fa bene con un numero che deve essere molto maggiore di quello dato a chi fa meno bene (anche questa idea di gratificazione comparativa è bizzarra, per essere eleganti). Non è nemmeno quello di classificare e selezionare o dire a chi fa male “non sai far niente”. Dovrebbe essere uno strumento per condividere con lo studente punti di forza e di debolezza, così come strategie per rafforzare i punti di debolezza.

Quando ad un ragazzo o una ragazza di 14-15 anni viene assegnato un 2 al primo compito di matematica, quale è il messaggio che viene mandato? “Vai a fare altro, ti ho inquadrato subito dopo due mesi: non c’è contatto fra te e questa disciplina, rassegnati perché sei negato”.

Una cosa che consiglio nei percorsi di formazione con gli insegnanti, e che provo a implementare anche all’interno dei miei corsi all’università, è quella di sforzarsi, nella valutazione di prove o attività importanti, di mettere in luce per ogni ragazzo una cosa fatta bene e una cosa su cui lavorare. In questo modo si danno spunti di riflessione per il miglioramento, sia a chi, in quel momento almeno, si è dimostrato più bravo, sia a quelli che hanno fatto male, a cui viene anche riconosciuto quello su cui si può contare.

La valutazione di una prestazione matematica viene spesso usata e vissuta come giudizio definitivo, e per di più spesso come giudizio sulla persona e non sulla sua prestazione. Questo aspetto ha dei risvolti emozionali molto forti, che con Rosetta Zan abbiamo studiato nelle nostre ricerche, e che sono fonte non solo di grosse difficoltà, ma anche di abbandoni definitivi del confronto con la disciplina. Abbandoni che permangono anche in età adulta, con la fuga da qualsiasi argomentazione di carattere scientifico (e vediamo tutti i giorni come questo possa diventare da problema individuale a problema sociale).

Nell’articolo si cita un’altra intervista, fatta al presidente di INVALSI Roberto Ricci qualche tempo fa, in cui emergeva una discrepanza fra gli esiti delle prove INVALSI per materie STEM di bambine e ragazze, che le vedono ottenere risultati mediamente peggiori dei loro coetanei maschi, e le valutazioni scolastiche, che invece premiano il genere femminile.

Ma quali sono a tuo parere alcune delle motivazioni del peggior rendimento delle ragazze nelle prove INVALSI?

Non ho una risposta in questo momento a questa domanda, si dovrebbero sviluppare studi specifici. Certo che il tipo di prova, le scelte a monte di cui parlavo prima, potrebbero essere scelte che mettono più in difficoltà determinate categorie di persone e può benissimo darsi che queste maggiori difficoltà siano legate anche a fattori socio-culturali.

Tra i fattori che secondo me incidono di più da questo punto di vista ci sono quello del tempo e quello della risposta multipla senza penalizzazione. Un altro aspetto interessante da osservare è che nelle prove INVALSI tipicamente non si deve giustificare la risposta (e comunque la giustificazione richiesta può essere solo breve): ecco, il giustificare in matematica è molto importante e può darsi che il ribaltamento delle valutazioni a livello scolastico tenga in considerazione anche questo fattore.


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