972mag pubblica un’inchiesta di Yuval Abraham sull’utilizzo massiccio e innovativo dell’esercito israeliano delle tecnologie informatiche e digitali con la collaborazione delle grandi aziende statunitensi come Amazon, Microsoft e Google nell’ambito dell’utilizzo dei dati e della intelligenza artificiale a scopi militari.
Gli strumenti informatici di cui si avvale l’esercito israeliano sono diversi e le ragioni per le scelte non sempre sono tecnologiche. Per esempio la scelta di server terzi per immagazzinare i dati è dettata da ragioni legali:
Questo accordo, ha detto, ha reso più facile per «gli enti di sicurezza, anche quelli più sensibili», archiviare le informazioni nel cloud durante la guerra senza temere i tribunali d’oltreoceano — che, presumibilmente, potrebbero richiedere le informazioni nel caso di una causa contro Israele.
Su lato militare/operativo è l’IA a farla da padrone. Secondo l’inchiesta vi sono numerosi indizi che le aziende aiutino l’esercito israeliano. I colossi della tecnologia mantengono una comunicazione elusiva, sia esternamente che internamente. I testi degli appalti non fanno specifico riferimento allo scopo degli interventi, le aziende sono bel felici di siglare contratti remunerativi, svicolando così da dubbi etici di dipendenti e cittadini.
Schubiner – che in precedenza ha lavorato presso Google e ha partecipato a una protesta dei dipendenti di Google contro la fornitura di tecnologia che, secondo loro, viene utilizzata dall’esercito israeliano nella guerra di Gaza – afferma che Google ha sempre usato un “linguaggio vago” quando ha dichiarato i suoi principi etici. Inoltre, afferma, l’azienda continua a sostenere che i suoi contratti con Israele sono “innanzitutto per uso civile, anche se è chiaro che molte delle azioni di Nimbus sono finalizzate all’uso militare”.
Per ora la strategia di dissimulazione sta funzionando, ma le aziende sono pronte a ricorrere alla mano pesante in caso di dissenso dei lavoratori:
L’accordo è stato molto controverso e centinaia di lavoratori di entrambe le aziende hanno firmato nel giro di pochi mesi una lettera aperta in cui si chiedeva di tagliare i legami con l’esercito israeliano. Dal 7 ottobre sono aumentate le proteste dei dipendenti di Amazon e Google, organizzate sotto la bandiera di No Tech For Apartheid. Ad aprile, Google – che per un breve periodo è stata indicata come sponsor della conferenza IT For IDF in cui Dembinsky ha parlato, prima che il suo logo venisse rimosso – ha licenziato 50 membri del personale per aver partecipato a una protesta presso gli uffici dell’azienda a New York.
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