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Il Fascismo e i megamonumenti

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Su segnalazione di @Qwerty ed @uqbal

In una serie di articoli pubblicati sul Giornale dell’Arte (parte 1, parte 2 e parte 3), Fabio Isman parla dei maxiprogetti architettonici che, all’epoca del Fascismo, furono proposti per celebrare il regime.

Si trattava di strutture immense, con dimensioni da far impallidire l’EUR, e che riprendevano una certa tendenza al gigantismo monumentale presente anche in altri paesi (Isman fa l’esempio del Palazzo dei Soviet di Mosca, rimasto sulla carta, e del Monte Rushmore). L’italo-argentino Mario Palanti propose la “Mole Littoria”, un grattacielo alto 300 metri che avrebbe dovuto comprendere palestre, terme, la sede del governo e del Parlamento e l’ostello più grande del mondo: per realizzarla, si sarebbe sventrata l’area accanto a Montecitorio, cambiando radicalmente l’aspetto del centro di Roma. Qualche anno dopo si penserà invece a un’arena sorvegliata da un immenso colosso con le fattezze del Duce, da realizzare dove ora c’è la Farnesina. Altri progetti prevedevano di demolire parte del centro della capitale per realizzare dei nuovi Fori, dedicati a Mussolini e ai Savoia.

Se, per ragioni estetiche e di soldi, queste opere non videro mai la luce, altre dello stesso genere furono invece realizzate, come racconta lo stesso Isman (parte 4 e parte 5). Molti conoscono la scritta “DVX” di Antrodoco (RI), formata da alberi sul fianco della montagna e visibile perfino da Roma. Un’opera analoga ma meno nota è invece il profilo del Duce scavato nella roccia nella Gola del Furlo (PU).

Immagine da Wikimedia Commons


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