Su Il Riformista Michele Prospero richiama i sindacati al proprio dovere di rappresentanza, una capacità sempre più declinante ma tremendamente necessaria. I sindacati costituirebbero uno dei possibili argini al populismo delle mancette e dei bonus, una deriva cui pare abbandonarsi anche il PD, sempre piu lontano da una proposta costruttiva rivolta a individui e società.
La riflessione parte da un fatto di cronaca, la partecipazione di Giuseppe Conte ad una manifestazione della Cgil:
Ormai ovunque si raduni una folla è quasi certo che arriverà Conte a fare qualche selfie e stringere una mano. E però che il capo politico dei 5 Stelle si presenti nella piazza della Cgil rimane un (piccolo) avvenimento. Il non-partito fu infatti ideato da un imprenditore che modellava il partito-piattaforma come una sua cosa privata e da un comico che intendeva tagliare “i vecchi privilegi e le incrostazioni di potere del sindacato”.
Grillo combatteva in radice la funzione di rappresentanza dei sindacati, perché l’azienda era concepita come una omogenea dimensione di comunità nella quale non poteva entrare alcun segno di un conflitto di classe. “Classe”, che parola diabolica. Quando domenica in Tv Gianni Cuperlo l’ha evocata come concetto chiave per interpretare la tarda modernità, poco ci mancava che Rosy Bindi reagisse con il segno della croce.
Prospero invita i sindacati ad una scelta diversa:
Il populismo, che sta evolvendo in una salsa progressista, preferisce parlare di “diseguaglianze” […] È più semplice per tutti i “progressisti” riempirsi la bocca con una categoria alternativa, e aconflittuale, così elastica che sembra fatta apposta per non vedere le classi come fenomeno di esclusione, precarietà, privatizzazione dei beni pubblici. Così contano solo i redditi o la residenza nelle odiate Ztl, e non resta che adottare, sulla base del modello 730, la rassicurante nozione di poveri come universo di esclusione e marginalità da aiutare con misure statali elargite a poteri sociali invariati.
Con la sottrazione di risorse già scarse alla fiscalità generale, i “progressisti” dimenticano il carattere costruttivo (di libertà e di diritti) del conflitto, possibile anche dentro l’universo della frantumazione e scomposizione dei produttori, delle figure sociali che ci si illude di unificare con un selfie.
Prospero in definitiva considera positivamente il conflitto tra classi, da cui discendono libertà, diritti, autocoscienza. Quando manca una consapevolezza di questo genere, gli elettori e lavoratori si orientano su surrogati come microbonus e altre politiche corporative; le stesse politiche «di sinistra» non possono che essere altro che mancette rassicuranti. Se il sindacato vuole avere un senso, deve ritrovare questa coscienza di classe e svilupparla in proposte politiche: solo l’accettare questa differenza di obiettivi e valori e ruoli porterebbe ad una innovazione politica che superi l’attuale irrilevanza delle proprie azioni.
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