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Islam di Francia: il fallimento del modello assimilazionista

Islam di Francia: il fallimento del modello assimilazionista

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A cura di @S1m0n4.

Uno spaccato sulla situazione dei musulmani francesi ci viene offerto da due recenti studi, uno dell’Institut Montaigne su sondaggi realizzati dall’Ifop (Istituto Francese dell’Opinione Pubblica) e un altro condotto dalla società di reclutamento Randstadt con la collaborazione dell’Osservatorio sulla religione nelle aziende (Ofre).

Risultati e considerazioni derivanti da entrambi i sondaggi ci vengono proposti in questo articolo di Yves Mamou, giornalista per Le Monde, tradotto in italiano da Angelina La Spada.

Il primo documento delinea la demografia dei musulmani in Francia, dei quali il 46% si dichiara musulmano “laico”, il 25% conservatore e il 28% ultras.

“Questo 28 per cento aderisce all’Islam nella sua versione più retrograda, che è diventata per loro un forma di identità. L’Islam è l’asse portante della loro rivolta; e questa rivolta trova espressione in un Islam di rottura, nelle teorie del complotto e nell’antisemitismo”, secondo quanto asserito da Hamid el Karoui in un’intervista al Journal du Dimanche.

La cosa più importante è che questo 28 per cento è costituito in prevalenza da giovani (il 50 per cento ha meno di 25 anni). In altre parole, un giovane musulmano francese su due è un salafita del tipo più radicale, anche se non frequenta una moschea.

L’impatto di questa re-islamizzazione della società è visibile sui luoghi di lavoro, dove, stando al secondo sondaggio sopra linkato, il 95% di comportamenti religiosi in questo ambito riguarda i musulmani.

Pratiche personali. “Nel 2016”, si legge nello studio, “indossare simboli religiosi [hijab] è diventata la massima espressione della fede religiosa (21 per cento dei casi contro il 17 per cento nel 2015 e il 10 per cento nel 2014). Rimane stabile la richiesta di assentarsi dal lavoro in occasione di festività religiose (18 per cento), ma ora è passata in secondo piano.

Turbative sul luogo di lavoro. Lo studio Randstad – politicamente corretto – tende a minimizzare i conflitti tra dipendenti e datori di lavoro per motivi religiosi. Nel 2016, si rileva che tali conflitti sono “minoritari” e sono “solo” il 9 per cento. Tuttavia, si registra un aumento del 50 per cento dei conflitti rispetto al 2015 (6 per cento). Inoltre, i disaccordi sul posto di lavoro sono triplicati dal 2014 (3 per cento) e quasi quintuplicati dal 2013 (2 per cento).


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