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La cocaina dei faraoni

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Su Oggiscienza si racconta la vicenda degli studi sulle mumme egizie condotte a inizio anni ’90 da Svetlana Balabanova, a capo di un gruppo di ricerca che trovò tracce di nicotina, cocaina e tetraidrocannabinolo (THC) sulla maggioranza delle mummie analizzate.

La pubblicazione di Balabanova e colleghi è molto sintetica e non si sofferma sulla storia biografica di quelle particolari mummie. Come prova bibliografica, venne citato un passo del Papiro di Ebers, risalente al 1550 a.C., in cui si fa un (dubbio) riferimento ai semi di papavero come rimedio per tranquillizzare i bambini. Nello studio, il collegamento tra la presenza di queste sostanze nelle mummie e l’ipotesi di un contatto transoceanico precolombiano non è esplicitato.

Il collegamento verrà invece popolarizzato da un successivo documentario di Discovery Channel. Nel frattempo, lo studio è stato criticato smontato da più parti. Il ritrovamento di THC non è sorprendente, visto che la canapa è stata ritrovata anche sulla mummia di Ramses II, già nel 1985. Più misteriosi i ritrovamenti di tabacco e cocaina (la pianta di coca era diffusa esclusivamente nell’America meridionale).

La critica principale mossa agli studi fu quella di incuria metodologica:

non veniva discusso in alcun modo il sorprendente risultato, non si forniva nemmeno una congettura sul perché fossero presenti sostanze “aliene” per l’epoca. Per secoli e secoli, le mummie erano state conservate con grande trascuratezza: la contaminazione esterna apparse fin da subito come l’ipotesi più plausibile. Inoltre, c’era una forte possibilità che le mummie fossero state sottoposte a uno o più trattamenti con prodotti contenenti nicotina.

Ciononostante, Balabanova e il suo gruppo perseverarono nell’analisi di mummie e di resti provenienti da tutto il mondo, trovando droghe pressochè ovunque. Tuttavia, ad oggi, la spiegazione più ragionevole sembra quella della contaminazione esterna. Le mummie sono state conservate a volte per secoli con scarsissima cura, viaggiando in più luoghi e subendo processi di esumazione spesso oscuri. Il tabacco, ad esempio, è stato usato come insetticida nel passato; c’è la possibilità che le mummie siano state trattate con una soluzione a base di tabacco per evitarne il deterioramento.

Possiamo immaginare i membri squadra di ricerca archeologica del passato, che dopo un lungo viaggio scoprono la mummia di un faraone e decidono di darsi alla pazza gioia. Oppure fantastichiamo su un sofisticato antiquario che conserva i resti di una mummia nello stesso studio viennese in cui è solito consumare cocaina. Le possibilità sono moltissime. Nessuna, però, confermerà l’ipotesi di un commercio transoceanico di foglie di coca da parte degli antichi egizi.


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