A cura di @All Goodly Sports.
In un articolo contro Facebook ed i social media, Leonid Bershidsky su Bloomberg Opinion descrive la protesta dei giubbotti gialli come una tipica “Facebook revolution”, paragonandola alla primavera araba o alle rivolte in Russia del 2011-2012.
Secondo Beerhidsky, partendo da motivazioni in questo caso minime, seguendo uno schema ormai consolidato, queste proteste – le rivendicazioni sono andate allargandosi in modo estremo ed incoerente ed alla richiesta di maggiore democrazia corrisponde una gestione non-democratica di un movimento i cui leader improvvisati non hanno ricevuto alcuna legittimazione elettorale.
Soprattutto, Bershidsky critica il ruolo di Facebebook. Secondo l’autore, non solo i social media agirebbero amplificando rabbia e risentimento, ma anche la facilità con cui i nuovi algoritmi renderebbero più facile condizionare i contenuti aumentandone il potere eversivo. Sull’argomento viene citato questo articolo di Vincent Glad su Liberation. Se ai tempi della Primavera Araba Facebook fu lodato come “democrazia in azione,” oggi ci si dovrebbe rassegnare alla conclusione che in effetti il suo ruolo è meramente quello di esasperare i conflitti e le contrapposizioni. Sul ruolo delle notizie false nelle proteste in Francia, è possibile leggere questo articolo su Le Figaro.
Secondo l’autore, il problema posto da Facebook per le democrazie è gravissimo, perché una società libera non può abolire i social media o anche solo impedire totalmente la loro funzione di moltiplicatore d’odio. Paradossalmente, il pericolo che rappresentano per i regimi totalitari sarebbe oggi assai minore, perché questi hanno imparato a controllarli attraverso piattaforme di propaganda, trolling, bullismo informatico, ed intimidazione nel mondo reale.
Sempre sull’argomento del presunto ruolo di Facebook come strumento di esasperazione delle conflittualità, è possibile leggere questi articoli della BBC, di Wired e della Reuters su come in Birmania Facebook sia stato usato per una campagna d’odio verso la minoranza Rohingya ed altre minoranze e come gli interventi del social network per ostacolare la diffusione della campagna di odio e false informazioni siano risultati insufficienti, un problema riconosciuto anche da Facebook (come si può leggere in questo secondo articolo della BBC.
Immagine da flickr.
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.