un sito di notizie, fatto dai commentatori

Lo strano posto della religione nell’arte contemporanea

0 commenti

In un articolo pubblicato su Doppio Zero, Michela Dall’Aglio indaga il rapporto tra religione e arte contemporanea.

Mi è capitato, alcuni anni fa, di cercare immagini di opere d’arte contemporanea d’ispirazione cristiana, e non mi ci è voluto molto per notare il “fatto strano” di cui parla James Elkins, ovvero «l’assenza pressoché totale, nei libri di storia dell’arte o nei musei, di arte moderna religiosa» (James Elkins, Lo strano posto della religione nell’arte contemporanea, Johan&Levi Editore). O sarebbe più corretto dire arte contemporanea autenticamente religiosa, perché in realtà i riferimenti alla religione ci sono e tutto sommato non sono pochi, ma per lo più hanno l’intento evidente di provocare, scandalizzare o ironizzare. Di sicuro, come dice James Elkins, storico e critico d’arte, docente alla School of the Art Institute di Chicago, nessuna opera genuinamente devota entra nei circuiti del mondo dell’arte contemporanea di qualità, quella di cui si parla e si scrive, che i galleristi si contendono e vendono a prezzi di cui è meglio tacere la sensatezza. Motivo per cui i giovani artisti che aspirano (e chi non lo fa?) al successo e al mercato evitano l’argomento mantenendo in un ambito strettamente privato i loro eventuali interessi religiosi. A conferma che le convinzioni religiose sono oggi coperte dalla discrezione una volta riservata alla sfera sessuale. La domanda dunque è come mai, dopo secoli e secoli di simbiosi durante i quali il cristianesimo è stato la fonte primaria, a lungo esclusiva, d’ispirazione per l’arte occidentale, si è arrivati, a partire dal Modernismo a cavallo tra XIX e XX secolo, a una quasi totale incomunicabilità tra le due sfere, a un’incomunicabilità tale da sfociare in un divorzio senz’appello?

D’altra parte, sia Elkins che l’artista e critico Luca Bertolo cassano senza mezzi termini la maggior parte della produzione artistica di tipo religioso degli ultimi due secoli, ritenendola al di sotto degli standard minimi contemporanei.

Alcuni anni fa aprendo sul Corriere della Sera un dibattito attorno a Religione e modernità. L’arte sacra contemporanea? Che orrore, il critico Gillo Dorfles rincarava la dose ponendo due domande fondamentali che mi pare sintetizzino bene lo stato attuale della questione: «È sufficiente la fede per far accettare la mediocrità di tanta arte sacra contemporanea? E, d’altra parte, è possibile un’arte veramente attuale che sia anche sacra?» Alla prima domanda la risposta è immediata ed è negativa. No, non si possono riempire i luoghi sacri e di preghiera di oggetti brutti, perché la bellezza porta la mente e il cuore verso lo spirito. Le cose brutte deprimono e diseducano, non spengono la fede ma neppure l’alimentano o la esprimono.


Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.