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Minacce razziste contro la rifugiata etiope che alleva capre in Trentino

Minacce razziste contro la rifugiata etiope che alleva capre in Trentino

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A cura di @NedCuttle21(Ulm).

Un articolo di Annalisa Camilli, pubblicato su Internazionale, racconta l’aggressione razzista subita da Agitu Idea Gudeta, una rifugiata etiope che da qualche anno vive e lavora in Trentino.

“Sporca negra, te ne devi andare”, con queste parole un uomo ha aggredito Agitu Idea Gudeta, la rifugiata etiope che da qualche anno alleva capre in Trentino. L’uomo, che abita nella baita vicino alla sua azienda in val dei Mocheni, da mesi la minaccia, ma in due occasioni nelle ultime settimane è passato anche alle aggressioni fisiche.

All’inizio di agosto è entrato nella stalla dove la donna stava mungendo e l’ha afferrata, minacciando di ucciderla. “Gli ho dato un calcio e sono scappata”, racconta Agitu Idea Gudeta al telefono. Una seconda volta l’ha aggredita un paio di settimane dopo mentre era al pascolo e ha minacciato di ucciderla con un bastone. L’uomo ha rivolto insulti anche contro il richiedente asilo maliano che aiuta la donna nell’azienda casearia che produce formaggi e yogurt di capra. Le parole sono sempre le stesse: “Brutta negra, te ne devi andare”. La donna in principio ha provato a ignorare le minacce e gli insulti, ma poi si è rivolta alle autorità.

In un’intervista pubblicata a marzo dello scorso anno su Internazionale, Agita Idea Gudeta parla della sua azienda biologica, La capra felice, e spiega i motivi che nel 2010 l’hanno indotta a lasciare il suo paese.

La sua giornata comincia molto presto, alle 4.30 di mattina. “La mungitura è intorno alle 5, poi c’è da portare le capre al pascolo, per poi tornare a fare il formaggio nel caseificio”, spiega Agitu Idea Gudeta, 37 anni, occhi di un marrone brillante, sorriso smagliante e contagioso. “Le capre hanno il nome delle mie amiche e delle mie clienti, ognuna ha il suo carattere: Marta, Melissa, Rachele, Francesca, Ribes, Trilli”. Agitu Idea Gudeta è nata ad Addis Abeba, in Etiopia. Quando aveva 18 anni è venuta in Italia per studiare sociologia all’università di Trento. Poi è tornata nel suo paese, da dove nel 2010 è stata costretta a scappare perché aveva ricevuto minacce da parte del governo guidato dal Fronte di liberazione del Tigrè (Tplf), al potere dal 1991. In Trentino, nella valle dei Mocheni, gestisce da cinque anni un allevamento di capre e un caseificio: undici ettari di pascoli e ottanta capre da latte. “L’idea era recuperare le razze caprine autoctone e valorizzare i terreni del demanio, abbandonati dagli allevatori locali nel corso degli ultimi decenni”, racconta.

 


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