Su Der Spiegel, un’intervista a John Mearsheimer sui temi pressanti per l’Unione europea: Ucraina, Russia, Cina e Trump.
Mearsheimer è professore di Relazioni internazionali all’Università di Chicago. La corrente di pensiero di cui è fondatore (il «realismo offensivo») vede il sistema internazionale come anarchico e il primario interesse delle «grandi potenze» — gli unici attori con effettivo potere di azione — quello di acquisire una posizione di egemonia regionale.
Questa volontà di predominio, secondo la teoria del realismo offensivo, non è dettata dalla sete di potere o corruzione dei governanti ma da una strategia razionale. Lo Stato — qualsiasi Stato — ha come obiettivo primario la sua sopravvivenza. Vista l’incertezza che caratterizza l’agire di un’entità statale (sugli sviluppi tecnologici/politici/economici futuri e sulle intenzioni attuali degli altri Stati), incamerare più risorse/potere possibili è l’unica scelta logica per massimizzare le probabilità di sopravvivenza.
Questa modo di vedere le relazioni internazionali, sobrio e financo cinico, gli è valso riconoscimenti accademici e più di qualche critica.
Ma durante il cosiddetto Momento unipolare, che è durato all’incirca dal 1991, quando è crollata l’Unione Sovietica, fino al primo insediamento di Trump nel 2017, molti sostenevano che io fossi un dinosauro. Le mie idee realiste, si diceva all’epoca, erano superate, erano rilevanti nel diciottesimo secolo, ma non funzionavano più. Oggi è abbastanza chiaro che il realismo è vivo e vegeto.
In uno scenario come quello di oggi, plumbeo, che si avvicina sempre di più a una giungla, Mearsheimer considera la divisione dentro l’UE (una «costellazione di stati») il difetto più grande dell’Unione. Il motivo per cui l’UE non è una «grande potenza» non sarebbe quindi (solo) militare o di coordinamento, ma politico:
Alcuni leader europei un tempo sognavano di ritrovarsi con gli Stati Uniti d’Europa. Non è mai successo e ora sembra che il pacificatore americano sta per lasciare l’Europa. Quando ciò accadrà, le potenti forze centrifughe che esistono in Europa inizieranno a manifestarsi.
Mearsheimer nota che gli Stati Uniti temono di più la Cina che la Russia (e non da oggi: il «Pivot to Asia» è un piano dell’amministrazione Obama). In vista di una competizione economica e militare in Asia, gli statunitensi pensano che svincolarsi dal confronto Russia/Europa permetterà loro di concentrarsi altrove. Ma il risultato di questo cambiamento potrebbe non essere gradito a Washington:
I Paesi europei dovrebbero fare — e probabilmente lo faranno — ciò che è nel loro interesse. Gli statunitensi hanno chiarito che ci sono alcune cose che l’Europa non dovrebbe trattare con la Cina. La più importante: non commerciare tecnologie sofisticate con i cinesi. Se gli americani si ritirano dall’Europa, perderemo la nostra influenza su questo tema così importante.
Mearsheimer è in disaccordo con molti politici e studiosi sul fronte orientale della UE e la Russia. Per l’Ucraina l’incombente vicino è una minaccia che sarà sempre presente: nel 1993 Mearsheimer considerava l’idea di privarsi degli ordigni nucleari disastrosa per l’Ucraina (pdf), e il successivo avvicinarsi alla Nato destinato a fallire (pdf) in quanto il prezzo da pagare richiesto agli occidentali sarebbe stato superiore all’interesse strategico dell’Alleanza atlantica.
Per gli Stati dell’UE invece non vi sarebbe una minaccia immediata da est, in quanto la Russia non vuole e soprattutto non ha i mezzi per invadere (vista la difficoltà di controllare ⅕ dell’Ucraina).
Ma se la decisione dei governanti UE fosse quella di focalizzarsi sulla protezione dalla Russia, lo studioso raccomanda un programma nucleare proprio e non affidarsi ad “ombrelli” stranieri che difficilmente funzionerebbero da deterrente, a cominciare da quello statunitense:
Infatti, sia l’ex Segretario di Stato Henry Kissinger che l’ex Segretario alla Difesa Robert McNamara hanno dichiarato, dopo aver lasciato il loro incarico, che non avrebbero usato armi nucleari per difendere la Germania. Non l’hanno detto quando erano in carica.
L’intervistatore (Bernhard Zand) conclude chiedendo a Mearsheimer se il nuovo corso di Trump, soprattutto riguardo al ritirarsi dai consessi internazionali, possa fare gli interessi degli Stati uniti e se rispecchi la sostanza del «realismo offensivo»:
No. Ai realisti piacciono le istituzioni. Gli Stati Uniti hanno creato molte istituzioni importanti durante la Guerra Fredda, tra cui la NATO, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Se siete gli Stati Uniti e dovete portare avanti la Guerra fredda o volete governare il mondo, non potete farlo senza istituzioni. Avete bisogno di regole. Credo che Trump stia commettendo un errore nel distruggere le istituzioni e nel trattare gli alleati con disprezzo.
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