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Primarie USA: i risultati in Nevada e South Carolina

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A cura di @loveforty

I caucus democratici in Nevada si sono chiusi da poche ore, e le notizie importanti sono due e contrapposte tra loro: Bernie Sanders ha recuperato (anche se non è bastato) trenta punti di distacco in pochi mesi da Hillary Clinton nello stato dei casinò. Per contro, Clinton si porta a casa una vittoria che “fa morale”, dopo la bruciante sconfitta in New Hampshire, e che potrebbe dare una netta sterzata nel proseguo delle primarie. A fare la differenza, come già era stato preventivato, è stato tra le altre cose il voto delle comunità afroamericane dello stato – oltre che, come già capitato, il voto delle persone più anziane. Sanders sarà oggi in South Carolina per un comizio, per poi spostarsi lunedì in Massachusetts, e martedì in Virginia. La sensazione è che possa già considerare come perso il prossimo turno nello stato del Sud, e stia già guardando all’appuntamento del primo marzo, il Super Tuesday. Da parte sua, Clinton esce dai caucus vittoriosa su tutti i fronti, nonostante il suo avversario abbia recuperato terreno. Se  quella in Iowa era stata una vittoria sul filo di pochi voti, quasi una sconfitta, qui in Nevada i pronostici sono stati rispettati, e si può vedere al risultato come la sua prima vera vittoria in queste primarie.

Per il capitolo delle frivolezze: a differenza dei caucus in Iowa, dove si era reso necessario il lancio della moneta per stabilire il vincitore, in Nevada Hillary si è aggiudicata la vittoria in un seggio con le carte

Capitolo GOP: prima dei risultati, il ritiro più eccellente, già pronosticato per il Super Tuesday, è arrivato in anticipo. Jeb (per intenderci, lui) abbandona la corsa alla Casa Bianca dopo un risultato deludente in South Carolina, dove raccoglie solo il 7,8%, nonostante sondaggi e rumours lo dessero in ascesa – e si era anche tolto gli occhiali. Se anche voi guardate a Jeb come il vostro zio che non vedete spesso e che ogni volta vi strappa un sorriso malinconico, qui ci sono i momenti più tristi della campagna elettorale di Jeb. Chi più gioisce della vicenda sarà Marco Rubio, che potrebbe approfittare di un bel bottino di voti anti-Trump, rimasti vacanti ora che Jeb si è ritirato.

Passando ai numeri, ha vinto chi doveva vincere (Trump), con le percentuali che erano state più o meno predette (32,5%), e Cruz e Rubio si sono dati battaglia per il secondo posto, conquistato dal figlio di immigrati cubani e senatore della Florida per poco meno di mille voti (22,5% contro 22,3%). La vittoria del magnate newyorchese non stupisce, alla luce dei sondaggi pre-voto. Ma è anche un sintomo di come la candidatura di Trump ormai sia un dato di fatto, e che da qui in avanti sarà sempre più difficile per gli altri candidati recuperare il terreno.

Alle sue spalle, la situazione si delineerà a breve. Se da una parte, con il ritiro di Jeb e il risultato deludente di Kasich, si profila una corsa a tre, con Cruz e Rubio a darsi spallate per tenere testa a Trump, dall’altra risulta sempre più evidente che, specialmente per Cruz, il Super Tuesday è da considerarsi come l’ultima spiaggia. Il primo giorno di Marzo si vota in molti stati del Sud, stati su cui Cruz, per caratteristiche demografiche (conservatori, evangelici) punta gran parte del suo successo elettorale. Come fanno notare quelli di Vox, una vittoria di Trump in questi stati, e conseguente sconfitta del senatore del Texas, farebbe prendere una piega quasi irreversibile alla corsa. E ad avvantaggiarsene, sarebbe proprio Rubio, che con il campo sgombro dopo l’uscita di scena di Jeb potrebbe diventare il candidato prescelto dall’establishment del partito repubblicano (nonché in testa nella speciale classifica degli endorsment).
Questo riassunto fa parte dello speciale di hookii per le primarie USA.


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