Su Whatitmeanstobeamerican.org un articolo dei professori Susan J. Douglas e Andrea Mcdonnell racconta un episodio particolare dell’America del 19esimo secolo, un evento precursore della mania per le celebrità che sarebbe in seguito diventato un elemento caratteristico della cultura americana.
Il 10 maggio 1849, a New York City, ventidue persone rimasero uccise e 150 ferite nel più mortale evento del genere fino a quel momento in città. La causa non fu una rivolta operaia o uno scontro politico, ma la faida tra i fan di due noti attori: William Charles Macready e Edwin Forrest. Questo evento, noto come la rivolta di Astor Place, rappresentò un punto di svolta, segnalando l’influenza crescente della cultura delle celebrità sull’identità nazionale e individuale degli americani. La rivolta rifletteva tensioni di classe, risentimenti economici e culturali, nonché questioni di orgoglio nazionale e virilità.
Mentre Macready era un attore britannico apprezzato soprattutto dalla classe benestante che si vantava per i suoi gusti raffinati, Forrest era un attore considerato tipicamente americano, con il suo stile melodrammatico ed enfatico, ammirato da un pubblico fatto di uomini della classe lavoratrice.
Nei teatri americani all’epoca il pubblico si divideva lo spazio al loro interno in modo rigido, senza mescolanze tra classi sociali.
Questa segregazione all’interno dei teatri iniziò a trasformarsi in una segregazione tra teatri. Quando la nuova e lussuosa Astor Place Opera House aprì, era destinata ai ricchi. Nel maggio 1849, Macready, noto per il suo stile misurato e intellettuale, era programmato per interpretare Macbeth lì.
Allo stesso tempo, Forrest doveva interpretare Macbeth in un altro teatro a pochi isolati di distanza. Tra loro era iniziata una faida, e Macready aveva già denunciato la “mancanza di gusto e giudizio” di Forrest e soprattutto “gli applausi faceti dei suoi sostenitori, i ‘Bower lads'”. In risposta, Forrest, ancora risentito per essere stato fischiato durante una sua performance in Inghilterra, dichiarò che Macready “non avrebbe mai più dovuto apparire sul palcoscenico” a New York City. La “penny press”, giornali in stile tabloid che erano diventati prominenti insieme ai teatri, alimentò il conflitto per aumentare la circolazione e le vendite.
Centinaia di sostenitori di Forrest, molti dei quali b’hoys, acquistarono biglietti per la prima performance di Macready l’8 maggio, alimentati in parte da manifesti provocatori firmati da “The American Committee” che chiedevano, “Lavoratori, devono governare gli americani o gli inglesi in questa città?” I volantini li esortavano a “esprimere le loro opinioni” all'”Opera House aristocratica inglese”, cosa che effettivamente fecero. Mentre Macready cercava di esibirsi, i sostenitori di Forrest lo fischiarono e gli lanciarono uova marce, patate e altre verdure.
Macready tentò di nuovo un’ esibizione il 10 Maggio e fu qui che avvenne la tragedia.
Alla quarta scena, Macready non poté continuare a causa di fischi, urla e lancio di verdure marce, incluso un flacone contenente assafetida, che diffondeva un odore ripugnante. La polizia intervenne per espellere i colpevoli, e Macready affrettò la rappresentazione per concludere. Tuttavia, la folla all’esterno iniziò a lanciare mattoni e pietre contro il teatro. La polizia chiamò la milizia statale, 350 uomini, che non riuscirono a calmare o disperdere la folla, che lanciava pietre anche contro di loro. Così la milizia sparò una salva sopra la folla, poi una nella folla, e poi altre. Il giorno successivo, l’Astor Place Opera House fu soprannominata “Massacre Opera House” e “Disaster Place”.
Fu davvero solo una faida stupida, una ragazzata? Non esattamente. Fu un conflitto identitario, una questione di orgoglio nazionale, una espressione della lotta di classe.
Macready incarnava il senso di superiorità culturale britannica. I suoi fan rappresentavano l’élite in crescita di New York City, caratterizzata da snobismo di classe. I b’hoys, attraverso la loro identificazione con Forrest, si ribellavano contro tali gerarchie culturali e i privilegi speciali delle élite. Con i loro fischi e frutta marcia, cercavano di proiettare su Macready e poi esorcizzare un senso di inferiorità culturale, di non avere “classe” e di non essere il “giusto” tipo di uomini “colti”.
La rivolta di Astor Place dimostrò come la cultura di massa non sia mai “solo intrattenimento” e come le battaglie su quali intrattenimenti e stelle meritino ammirazione siano sempre battaglie su norme, valori, atteggiamenti e l’ordine sociale stesso. Sebbene le rivolte fossero un esempio estremo, dimostrarono che i fan erano diventati creatori attivi e partecipativi di significato, giocatori chiave nella produzione delle celebrità e del loro significato.
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