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Androidi, autocoscienza e diritti civili

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Su suggerimento di @nessuno

Andrea Daniele Signorelli su Rivista Studio parla di una proposta depositata al Parlamento Europeo in cui si chiede che ai robot impiegati nelle aziende venga riconosciuto lo status di persone elettroniche. Scopo della proposta non è quella di tutelare gli automi, ma di

porre le basi per un futuro in cui le grandi aziende siano obbligate a dichiarare quanto risparmiano grazie all’utilizzo delle electronic persons e a sostenere il sistema fiscale e previdenziale, contribuendo a far fronte allo spettro della disoccupazione di massa causata da un esercito di robot “pronti a rubarci il lavoro“.

A prescindere dalle intenzioni volte a tutelare il lavoro umano e non i singoli robot, l’autore dell’articolo prende spunto da questa proposta e si domanda se non possa essere un punto di partenza per un futuro in cui alle intelligenze artificiali debbano essere garantiti dei diritti civili.

Stando a quanto scrive Luciano Floridi, professore di Etica a Oxford, si tratta di una preoccupazione prematura, perché bisognerebbe almeno attendere che gli androidi sviluppino una forma di autocoscienza, la condizione senza la quale non è possibile parlare di persona: “In che modo un’intelligenza artificiale possa evolvere autonomamente partendo dalle abilità necessarie è ancora poco chiaro. La verità è che salire in cima a un albero non è il primo passo per arrivare alla Luna, ma è la fine del viaggio”. Altri studiosi, come quelli che fanno riferimento alla cosiddetta singolarità tecnologica, non sono così scettici sulla possibilità che i robot progrediscano fino a prendere coscienza di se stessi.

 

Immagine da Wikimedia Commons


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