Su suggerimento di @Perodatrent
Aditya Chakrabortty, nel trentennale della caduta del muro di Berlino, ritorna sulla discussione riguardo le diseguaglianze economiche lanciando una provocazione: un fattore dimenticato ma basilare delle politiche di welfare del Novecento, sostiene l’editorialista del Guardian, era la paura del comunismo.
I come not to bury communism but to praise it — or rather, one aspect of it that gets next to no recognition. On its own terms, “really existing socialism” was a miserable failure: brutally repressive to its own peoples and ultimately unable to compete with capitalist economies. Yet it achieved something else that its own politburos and planners never intended — an achievement that represents one of our era’s greatest paradoxes. Communism didn’t topple capitalism, but kept it honest — and so saved it from itself.
Se alcuni commentatori hanno dichiarato che le disuguaglianze sono una naturale conseguenza della società tecnologica, altri vedono nella storia economica del secolo scorso evidenze di una forte e deliberata azione redistributiva della politica, messa in atto dalle classi dominanti a causa della pressione di un’opinione pubblica che credeva nella possibilità di un sistema completamente alternativo.
Finito il sogno comunista, sostiene Chakrabortty, è finito anche l’incentivo a dare un volto umano al capitalismo; la questione, dunque, è con cosa sostituirlo.
— Immagine da Wikimedia Commons
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