La mostra Ugo Celada da Virgilio. Enigma antico e moderno, ospitata al Labirinto della Masone a Fontanellato (Pr) fino al 17 settembre e curata da Cristian Valenti, viene presentata da Finestre sull’arte.
La prima sala è dedicata agli anni della formazione e della creazione di uno stile personale, soprattutto focalizzato sulla sfera degli affetti familiari, che ben si prestano a restituire la dimensione intima della pittura del realismo magico; il secondo ambiente si concentra sulla rappresentazione della figura umana e quindi della ritrattistica; per ultimo si incontrano le nature morte, molto amate per le infinite possibilità di resa dei dettagli, e i paesaggi en plein air, poco numerosi nel corpus dell’artista, ma che aiutano a restituire un’immagine di pittore versatile e diversificato per stili e generi.
Ugo Celada è un artista nato in provincia di Mantova, a Cerese, un paese oggi chiamato Borgo Virgilio.
Ugo Celada nasce nel 1895 a Cerese, in provincia di Mantova, oggi chiamato Borgo Virgilio, toponimo con cui firmerà le sue opere, rifacendosi alla tradizione dei maestri antichi che venivano identificati secondo il luogo di provenienza: per lui questa è una dichiarazione programmatica di poetica ed una scelta di campo nel dibattito degli anni Venti tra Avanguardie storiche e Ritorno all’ordine. Fin da giovanissimo mostra una spiccata predisposizione artistica, arrivando a formarsi all’Accademia di Brera a Milano. Negli anni ’20 e all’inizio dei ’30 espone alleBiennali d’Arte di Venezia e alla Permanente di Milano ed è inserito nel circuito dell’arte contemporanea da cui però in seguito si allontana definitivamente.
La vita dell’artista, per lungo tempo lasciato ai margini a causa delle sue prese di posizione contro il regime fascista, viene raccontata in un articolo di Artribune a cura di Ludovico Pratesi, pubblicato all’interno della rubrica «I dimenticati dell’arte». Talento precoce, tanto da venire iscritto alla Regia Scuola d’Arte Applicata di Mantova a soli 12 anni grazie alle sue doti nel disegno, Celada studia all’Accademia di Brera. Si trasferisce a Parigi dopo la Grande Guerra nella quale aveva combattuto come volontario e ottiene un buon successo fin dalla sua prima partecipazione nel 1920 alla Biennale di Venezia. Le sue posizioni antifasciste gli costarono l’isolamento e l’oblio.
Lascia Parigi e si trasferisce a Milano, e presenta le sue tele prima alla Quadriennale di Torino e poi alla Permanente di Milano, mentre nel 1930 espone alla Galleria Samadei in una collettiva insieme ad altri pittori del movimento Novecento, sostenuto da Margherita Sarfatti. Ma il dissenso con il gruppo e soprattutto la firma al manifesto antinovecentista, che denunciava il monopolio della cultura di regime, pubblicato sul giornale Il Regime Fascista, risultano fatali per la sua carriera, iniziata in maniera fulminea e brillante. Celada viene isolato e mai più invitato a mostre pubbliche, e vive grazie alle commissioni di ritratti da parte di noti esponenti della borghesia milanese, che ne apprezza lo stile, vicino a quello di Gregorio Sciltian. Nel 1943, durante il bombardamento di piazza Cinque Giornate, il suo studio viene distrutto con tutte le opere che conteneva. Isolato e schivo, alla fine degli Anni Cinquanta si trasferisce a Varese, dove muore centenario e dimenticato.
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